Il 2023 l’anno più caldo. Poca neve e inverno praticamente andato

Il 2023 l’anno più caldo. Poca neve e inverno praticamente andato

Gennaio-febbraio 2014: sulle Dolomiti Bellunesi si abbatte il “Big Snow”. Una nevicata epocale che provoca un blackout per diversi giorni nella parte alta della provincia (il secondo “buio totale” in poche settimane, dopo quello verificatosi il giorno di Santo Stefano 2013) e rende necessario l’intervento dell’esercito per liberare i tetti e le strade dalla neve. 

Gennaio-febbraio 2024: temperature da primavera nel primo mese dell’anno, pioggia fino a 1.600-1.700 metri nell’unica perturbazione di febbraio. In mezzo, dieci anni di differenza in cui il clima ha preso un’accelerazione spaventosa.

TEMPERATURE

Il 2023 è stato l’anno più caldo da quando esistono le rilevazioni meteo, dicono gli esperti. Bene: il 2024 non è cominciato con cenni di cambio di rotta. Anzi. Un esempio? A Cortina, negli ultimi 15 giorni, le temperature massime sono state per ben dieci giornate superiori ai 10 gradi, anche con picchi di +15 e +16. Addirittura per quattro giornate tra fine gennaio e inizio febbraio, le minime della notte sono rimaste abbondantemente sopra lo zero. Valori riscontrabili in tutta la montagna bellunese. 

NEVE AL SUOLO

C’è poi il dato della neve al suolo, che nella sommatoria ottobre-gennaio è assai sotto la media storica. A Col dei Baldi, ad esempio, la media storica è di 340 centimetri di neve, quest’anno si arriva a 236. Ad Arabba la media è di 233 centimetri, quest’anno il manto bianco si ferma a 161. E a Falcade si passa da 159 di media ad appena 56 centimetri. È così in tutte le località montane bellunesi, senza contare che nella perturbazione di questi ultimi giorni i fiocchi bianchi sono relegati a quote primaverili, ben oltre i 1.500 metri, non certo normali per la prima parte di febbraio.

LO STUDIO

È il cambiamento climatico che mostra sempre più prepotentemente i suoi effetti. E mette in discussione anche l’economia della montagna come è sempre stata pensata finora.

Un recente studio dell’Università di Padova (Marco Carrer, Raffaella Dibona, Angela Luisa Prendin e Michele Brunetti) ha analizzato gli anelli di accrescimento delle piante di ginepro per calcolare la durata della neve al suolo negli ultimi secoli: sono stati usati anche ginepri fossili. Ebbene, risulta che negli ultimi cento anni, la presenza di manto nevoso a quota 2.000 è diminuita di oltre un mese. L’inverno si accorcia…

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