È morto l’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Un presidente discusso e che ha diviso l’opinione pubblica bellunese. Anzi, che nel Bellunese non è stato apprezzato, a causa delle sue assenze. Due in particolare spiccano nel curriculum e in queste ore di cordoglio nazionale più di qualcuno, tra le Dolomiti, le sta ricordando sui social.
La prima – di gran lunga la più grave, una ferita ancora aperta per il territorio bellunese – risale al 2009. Il 22 agosto, durante una ricognizione su una frana a Rio Gere, l’elicottero A109 del Suem 118 urta i cavi di una linea elettrica. Il velivolo cade e perdono la vita quattro soccorritori. Tre giorni dopo, ai funerali in cattedrale a Belluno, partecipano le massime cariche politiche della Regione Veneto, Papa Benedetto XVI invia un messaggio di cordoglio. Giorgio Napolitano è ad Auronzo per la cerimonia per l’inserimento delle Dolomiti nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco. Si trova a pochi chilometri dal funerale, ma non scende a Belluno e preferisce spendere poche parole per le vittime di Falco dal palco di Auronzo. E l’assenza pesa, soprattutto perché sarebbe bastata la presenza in chiesa per testimoniare la vicinanza dello Stato alle famiglie delle vittime e alla comunità bellunese.
Pesa altrettanto la seconda, nel 2013, 50° anniversario del Vajont. Il Capo dello Stato non si reca alla cerimonia di commemorazione in cimitero a Longarone. Al suo posto c’è il presidente del Senato, Pietro Grasso.
Ieri, nella giornata della morte di Napolitano, più di un bellunese ha ricordato queste assenze.