Medico, impegnata nel campo delle trasfusioni e dell’immunoematologia. Direttrice della prima banca italiana del siero iperimmune e pioniera nel contrasto al Covid, quando ancora non c’era il vaccino. Ma prima ancora, donna di montagna, profondamente legata al suo territorio d’origine. È Giustina De Silvestro, una delle tante eccellenze bellunesi in giro per il mondo.
Nel 2020 il nostro giornale l’ha individuata come “La bellunese dell’anno”. Ci è voluto un po’ di tempo per la consegna del premio, perché la pandemia ha bloccato molti aspetti della quotidianità. Nei giorni scorsi però la dottoressa De Silvestro è stata raggiunta e premiata.
«Un’emozione grandissima, perché totalmente inaspettata» le sue parole. «Un anno fa, quando l’ho saputo, sono rimasta molto colpita. Non pensavo di poter essere la bellunese dell’anno». Invece, nell’anno terribile del Covid – il primo anno di pandemia – la dottoressa De Silvestro illumina di luce il buio totale. L’idea di utilizzare il plasma dei guariti dal SarCov2 come possibile strumento di terapia, è stata vincente. «Oggi quell’idea è stata soppiantata, perché abbiamo gli anticorpi monoclonali e soprattutto il vaccino – spiega -. Ma in quel momento, nel 2020, è stata un piccolo tassello importante nella lotta al Covid. Abbiamo ridotto del 40% la mortalità tra gli anziani. Oggi c’è il vaccino, che piaccia o no. E ci sta riportando verso la normalità. L’unico aspetto negativo che continuo a vedere è una progressiva perdita di fiducia nei confronti della scienza: lo trovo pericolosissimo, così come lo scadimento del linguaggio conseguente».
Giustina De Silvestro è da poco andata in pensione. Abita a Padova, dove ha sempre studiato e lavorato. Da “emigrante”, perché ha lasciato la sua Domegge per scendere prima a Belluno, al liceo. E poi nella città del Santo. «Ma sono fortemente legata alla montagna» dice. Difatti, è impegnata anche come consigliere comunale di Domegge. «La mia terra ha forgiato il mio carattere. Non posso dimenticare le mie origini».
