Dopo la pandemia, restano le barriere. Nelle case di riposo le visite sono ancora ad ostacoli

Dopo la pandemia, restano le barriere. Nelle case di riposo le visite sono ancora ad ostacoli

Non c’è più il covid, ma restano le barriere. Non c’è ancora pace e serenità per le migliaia di ospiti delle case di riposo del Veneto. Dal 1° giugno, in teoria, le strutture residenziali per anziani sono state riaperte alle visite dei parenti. Lo prevede l’ordinanza del ministero della salute dello scorso 8 maggio.

Ma sono ancora molte le case di riposo che si mostrano reticenti. Lo dimostrano i numeri del monitoraggio dalla Regione Veneto su spinta dei sindacati dei pensionati. Interpellate le 335 strutture residenziali per anziani del Veneto, solo due non hanno risposto. In media il 61% delle strutture prevede visite con barriere fisiche, anche se queste avvengono all’aperto, ma ci sono Ulss dove questa percentuale schizza. È il caso dell’Ulss 2 Marca Trevigiana (86%) e Ulss 8 Berica (77%). «Ciò dimostra che le case di riposo non stanno rispettando un’ordinanza che ora è diventata anche legge», commentano le segretarie generali venete Elena Di Gregorio (Spi Cgil), Vanna Giantin (Fnp Cisl) e Debora Rocco (Uilp Uil), «se le lettere di richiamo annunciate dall’assessora Lanzarin non bastano, la Regione deve intervenire in modo più determinante. Basta nascondersi dietro l’autonomia di queste strutture».

Spi, Fnp e Uilp fanno riferimento al fatto che nella legge di conversione del dl 1° aprile è stato inserito un articolo, l’1-bis, che recepisce interamente l’ordinanza e le linee guida a essa collegate. Dicendo che ad esse le direzioni sanitarie dovevano conformarsi “immediatamente”, a partire dal 1° giugno. Dove ci sono le barriere fisiche, non c’è contatto tra ospite e famigliare, e ciò va in contrasto con lo spirito dell’ordinanza. Continuano le segretarie: «Il benessere psicologico di questi anziani fragili dipende anche da gesti d’affetto. Finché sarà negato a qualcuno, significa che quel qualcuno subisce una privazione inaccettabile». E rilanciano: «L’assessora ci ha promesso un aggiornamento entro la prima decade di luglio: questo monitoraggio va ripetuto e ampliato, perché tanti sono gli aspetti da verificare».

Le segnalazioni che arrivano a Spi, Fnp e Uilp, infatti, dicono che ci sono case di riposo che non consentono visite nel fine settimana, che le consentono per una durata di tempo troppo breve, o che non consentono l’ingresso di volontari, cosa invece assicurata dall’assessora nell’incontro con i sindacati del 7 giugno. E continua un problema di trasparenza nelle comunicazioni: 4 Ulss su 9 non hanno sui loro siti l’informazione che, ai fini della Certificazione Verde, i famigliari non vaccinati di un ospite in Rsa possono fare gratuitamente il tampone nei Covid Point presentando l’autocertificazione con indicato il giorno in cui hanno prenotato la visita. Si tratta delle Ulss 4 Veneto Orientale, 5 Polesana, 7 Pedemontana e 8 Berica.

 L’ultima tabella del monitoraggio, infine, dà ai sindacati dei pensionati la più pesante delle ragioni: da inizio pandemia nelle case di riposo si sono contati 4.042 decessi, di cui oltre 2mila durante la seconda ondata. «Sin da marzo 2020 chiedevamo interventi per evitare la strage che poi c’è stata. Strage in parte dovuta all’impreparazione di molte case di riposo sul fronte sanitario», concludono le segretarie, «siamo convinte che questi numeri sarebbero ridotti se la Regione avesse fatto la riforma delle Ipab, attesa da 20 anni. La riforma, che fa rientrare questi centri nel sistema sociosanitario regionale, deve diventare ora una priorità proprio per affrontare le tante criticità emerse e per evitare una recrudescenza in autunno ».

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