Diciannove giorni di gran caldo: troppo per i ghiacciai dolomitici

Diciannove giorni di gran caldo: troppo per i ghiacciai dolomitici

Tutto bene fino a un mese fa. Anzi, si poteva tranquillamente dire che l’estate era stata fresca e che i ghiacciai dolomitici potevano respirare un po’. Invece, sono bastati venti giorni di gran caldo. E alla fine agosto è risultato terribile per i nevai. Di fatto, anche l’estate 2020 ha accelerato la fusione delle nevi perenni. 

Lo dicono gli ultimi rilevamenti dell’Arpav. E poco importa se tra venerdì e ieri (1° settembre) le temperature sono andate in picchiata, con qualche fiocco bianco in quota e maglioni pesanti nei fondovalle. Perché ormai resta ben poco da fare per i ghiacciai. Anzi, si apre un problema di sicurezza: i crepacci sorti tra i ghiacci sono pericolosi e aumentano sensibilmente i rischi per gli alpinisti che vi si avventurano.

La riduzione della superficie ghiacciata è evidente anche a occhio nudo. E basta una fotografia per capire cosa sta succedendo. Nevicate meno frequenti in primavera e temperature estive più calde favoriscono la fusione della neve e del ghiaccio. La foto mostra la fronte del ghiacciaio della Marmolada, la parte più bassa della lingua glaciale, in diverse epoche sulla base di foto storiche. La linea rossa continua del 2020 delimita una fronte molto arretrata, anche rispetto alla stagione 2015.

Perché? Semplice. Lo dice il termometro di agosto. Il mese scorso ben 19 giornate hanno fatto registrare temperature in quota oltre la norma (di fatto, fino al 23 agosto). E questo ha fatto la differenza. Neve e freddo di fine agosto non sono sufficienti a riequilibrare il gran caldo. Anche perché non si tratta di un fenomeno anomalo. Anzi, a dirla tutta, anche nella neve si vede l’effetto del cambiamento climatico. Nel 2010 la nevicata del 31 agosto arrivò fino a 1.600-1.800 metri; nel 2017 caddero ben 20 centimetri di neve a Monte Piana il giorno 2 settembre. Quest’anno il 1° settembre la neve non è scesa oltre i 2.200 di quota.

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