Puzza di riciclaggio: a Belluno segnalazioni in aumento più che a Napoli

Puzza di riciclaggio: a Belluno segnalazioni in aumento più che a Napoli

I numeri, in termini assoluti, sono piccoli. L’aumento percentuale però non può passare inosservato. Soprattutto perché l’argomento è spinoso. E si sa: si rischia di pungersi.

Fatto sta che nell’ultimo anno la “puzza di fumo” nelle operazioni finanziarie è aumentata del 12% in provincia di Belluno. Più del doppio rispetto a Napoli e molto di più delle altre province venete (eccezion fatta per Venezia). 

Lo rivela uno studio della Cgia di Mestre, basato sui dati della Uif, Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. Vale a dire l’organismo che raccoglie le segnalazioni sospette di riciclaggio: presunti illeciti compiuti in massima parte da organizzazioni criminali che cercano di reinvestire in aziende e settori “puliti” i proventi economici derivanti da operazioni illegali. Talvolta si tratta solo di “puzza di bruciato”. Ma spesso il naso ci azzecca e dietro il sospetto ci sono tentativi veri e propri di riciclare denaro sporco: armi, droga e tutto il resto. 

I dati nazionali dicono che nel 2019 queste operazioni sospette sono state oltre 105mila, un record mai toccato prima. Tra l’altro nel primo quadrimestre 2020 Uif ha ricevuto 35.927 segnalazioni (+6,3% rispetto al periodo gennaio-aprile 2019).

E Belluno? Nel 2018 le segnalazioni sospette sono state 194, cresciute a 218 nel 2019: un aumento del 12,4% (a Napoli, tanto per fare un esempio, l’aumento è “appena” del 4,6%, a Caserta del 2%, a Reggio Calabria del 6,5%).

I dubbi riguardano soprattutto bonifici nazionali, money transfer e transazioni in contanti. Le segnalazioni sono partite da istituti di credito, uffici postali, notai, commercialisti, assicurazioni e società finanziarie: del resto, sono loro che possono fiutare qualcosa di storto.

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