Parrucchieri fermi fino a giugno: «Gli abusivi saranno gli imprenditori del domani»

Parrucchieri fermi fino a giugno: «Gli abusivi saranno gli imprenditori del domani»

 

Primo giugno: più che una data, una mazzata. Perché è il giorno indicato dal Governo per la riapertura di parrucchieri e centri estetici (oltre che di bar e ristoranti). Senza considerare che l’1 cade di lunedì, il 2 è la Festa della Repubblica e, con ogni probabilità, si ripartirà mercoledì 3. 

Dal 12 marzo scorso, niente più tagli e tinte, acconciature e permanenti. Forbici e phon rimarranno appesi al chiodo per un’ottantina di giorni. Un arco di tempo troppo ampio per pensare che l’intero settore ripartirà come nell’epoca precedente al virus. Perché il Covid non ha svuotato solo i saloni, ma anche un pezzo di futuro. Come testimonia Roberta Azzalini, la “barbiera” di Ponte nelle Alpi e titolare dell’AR Studio Parrucchieri: «Il danno economico c’è, questo è evidente. Ed è evidente pure il fatto che non potremo tirare avanti fino a giugno. Su simili presupposti non stiamo in piedi».  

Ma il problema non è legato solamente alla chiusura prolungata: «Ancora non sappiamo come dovremo aprire, con quali modalità e quali dispositivi. Siamo una categoria particolare, a stretto contatto con i clienti. E, per questo, è necessario rispettare nel dettaglio tutte le condizioni di sicurezza». 

A proposito di problemi, la piaga dell’abusivismo rischia di dilagare: «Gli abusivi lavoreranno il doppio – riprende la “barbiera” -. Saranno gli imprenditori del domani. Andare a domicilio per tagliare i capelli, in piena pandemia, è qualcosa di vergognoso. E la speranza è che la collettività lo capisca. Non immaginate quanti mi chiedano di andare nei loro appartamenti o garage per sistemare il taglio. La mia risposta è sempre la stessa: “no” categorico. Nessuna deroga, neppure per mio nipote. E non è solo una questione professionale, ma anche morale». 

A volte, inevitabilmente, serpeggia un senso di solitudine: «Vivo questa situazione quasi come una sconfitta personale. Dopo tanti sacrifici, fatico a trovare una via d’uscita. Poi però è sufficiente ricevere una telefonata per vedere la realtà sotto un’altra prospettiva. In mattinata mi ha chiamato il sindaco di Ponte nelle Alpi, Paolo Vendramini. Ha convocato me e i miei colleghi per chiederci di portare alla luce le nostre richieste. E lui le avrebbe poi girate a chi di dovere».  

Il momento è davvero delicato: «Sono consapevole delle difficoltà nella gestione sanitaria – conclude Roberta Azzalini -. Per questo, la nostra categoria si mette a disposizione per offrire idee, consigli e possibili linee guida, utili nella prospettiva di una ripresa dell’attività. Partendo da un presupposto: aprire e garantire la sicurezza del cliente, e di chi lavora, è la priorità assoluta».  

© Copyright – I testi pubblicati dalla redazione su newsinquota.it, ove non indicato diversamente, sono di proprietà della redazione del giornale e non è consentita in alcun modo la ripubblicazione e ridistribuzione se non autorizzata dal Direttore Responsabile.

TAG
CONDIVIDI
Articoli correlati
© 2023 NIQ Multimedia s.r.l.s. – C.F. e P.IVA: 01233140258
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Belluno n. 4/2019
Web Agency: A3 Soluzioni Informatiche
Made by: Larin
News In Quota
Torna in alto