«Non interessiamo a nessuno». E le piscine chiudono per protesta

«Non interessiamo a nessuno». E le piscine chiudono per protesta

Non possono e non vogliono aumentare le tariffe. Ma così non riescono ad andare avanti. Le piscine faticano a smaltire il Covid. La pandemia le ha buttate a terra. Anzi, le tiene in apnea. E siccome non arrivano risposte, ecco la contromossa: una chiusura per protesta. 

Domenica prossima (6 febbraio) anche gli enti gestori delle piscine comunali di Longarone, Pedavena, Pieve di Cadore, Santa Giustina, oltre che quella comprensoriale di Agordo e quella privata di Pelos di Cadore in coordinamento con gli enti locali proprietari e la maggioranza degli impianti della regione del Veneto e nazionali aderiranno alla manifestazione “Domenica 6 febbraio piscina chiusa”, sospendendo le attività.

«L’iniziativa ha lo scopo di alzare un forte grido di allarme a tutte le istituzioni, in particolare  al Governo nazionale e alle Regioni sulla situazione drammatica in cui si trova l’intero comparto. Le risposte concrete presentate sono rimaste inascoltate a livello nazionale e regionale» fanno sapere gli organizzatori della protesta. 

«A livello provinciale le amministrazioni locali proprietarie degli impianti della provincia di Belluno sono intervenute per quanto possibile a sostegno degli enti gestori delle piscine di loro proprietà, dimostrando comprensione del problema, ma i loro aiuti non sono sufficienti per risolvere il problema».

I problemi occupano una lista lunga lunga. Intanto, in 23 mesi di pandemia, 10 sono stati di chiusura totale delle piscine, lasciando inalterati i costi enormi. Le piscine sono state le prime (6 agosto 2021) ad aver imposto l’obbligo di ingresso con green pass e, nonostante ciò, lavorano ancora al 40% della capienza in ragione dei limiti Covid. I vari decreti ristori hanno garantito somme che arrivano nemmeno al 5% dei ricavi annuali, quando mediamente si sono registrate riduzioni di fatturato di oltre il 50-60%. Somme che non bastano nemmeno a pagare un mese di utenze di luce, acqua e gas. E adesso, come se non bastasse, è arrivato il cosiddetto “caro bollette” con aumenti superiori al 50%. Solo per fare un esempio: in un impianto di medie dimensioni si registravano circa 20.000 euro al mese di utenze, oggi si arriva ben oltre 30.000 euro, ciò significa 120.000 euro di rincari annui su un singolo impianto.

Da qui la necessità di alzare la voce. La manifestazione di domenica ha lo scopo di sensibilizzare anche l’opinione pubblica sulla criticità della situazione. E di chiedere tre punti. Il primo, ristori: 150 milioni di euro destinati ai gestori e distribuiti con criteri semplici ed equi. Il secondo: l’estesione dell’ecobonus 110% anche agli impianti natatori. E terzo: un sistema per abbassare le bollette. 

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