Lega contro l’ospitalità ai migranti: «No paragoni con l’emigrazione dei nostri nonni»

Lega contro l’ospitalità ai migranti: «No paragoni con l’emigrazione dei nostri nonni»

«Piano con i paragoni: i nostri genitori e nonni migravano per lavorare e sgobbavano da mattina a sera. Io dico no all’immigrazione che resta attaccata ai sussidi dello Stato, ma se qualcuno ha voglia di lavorare e costruire qui un progetto di vita, di inserimento sociale e lavorativo nelle nostre comunità, è il benvenuto». 

Il segretario provinciale della Lega, Andrea De Bernardin, torna ancora una volta sul tema immigrazione in provincia, e non solo, esprimendo tutta la sua perplessità rispetto alla gestione dell’accoglienza e alla permanenza sui territori di profughi lavorativamente inattivi. 

«Il tema delle immigrazioni mondiali in atto è forse il tema principale da affrontare in ambito politico, in questo momento – commenta De Bernardin -. Io ho un’idea precisa su quanto sta accadendo in Italia e in Europa e per questo mi oppongo al paragone, spesso fatto da certa sinistra, con i nostri nonni e genitori. Il Bellunese per decenni è stato terra di emigrazione, una emigrazione dolorosa verso il Brasile, l’Argentina, gli Stati Uniti, il Canada e poi anche l’Australia. Dolorosa perché ci si staccava per anni, a volte per sempre, dalle proprie radici, si abbandonavano genitori, nonni, fratelli e a volte anche moglie e figli per andare a trovare lavoro. 

Lavoro, appunto. Quella era una emigrazione laboriosa, di gente che arrivava con le valigie di cartone e il giorno dopo si rimboccava le maniche sgobbando nei lavori più umili, tutto per mandare a casa soldi e acquistare, in terra straniera, piccoli appezzamenti da coltivare in proprio. I veneti hanno portato in queste terre ricchezza e alimentato l’economia con il proprio lavoro. Parliamo di territori enormi, allora scarsamente popolati e con immense possibilità». 

Non è lo stesso oggi, ripete De Bernardin. «Il dolore di chi si stacca dal proprio Paese e dai propri affetti è uguale e su questo non si discute, ma poi cosa avviene una volta che queste persone arrivano in Italia? A volte nulla ed è questo che non va bene. Tante volte ci troviamo davanti a persone che conoscono bene i diritti derivanti dal proprio status di rifugiati e proprio per questo non vogliono uscirne, non accettano le offerte di lavoro e restano nullafacenti. Non va bene, il sistema così non si può reggere tanto più che qui non si tratta di America, di grandi estensioni con scarsa popolazione. Abbiamo bisogno di persone in provincia? Sì, ne abbiamo tanto bisogno ma di persone operose, per le quali non manca di certo un posto di lavoro e uno stipendio». 

«Il mio vuole essere uno sprone – conclude De Bernardin -, un pungolo a ripensare il sistema e l’organizzazione in modo diverso, non in termini di sussidi ma di opportunità per queste persone di integrazione reale nel territorio».

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