Giovane, autoctono, dall’impronta fortemente identitaria. E, perché no, pure un po’ visionario: è il nuovo Belluno. Il Belluno di Renato Lauria: un tecnico in possesso del patentino “Uefa A” di allenatore professionista.
Ma la qualifica, per Lauria, non è un punto d’arrivo. Semmai, di partenza. Perché la nuova guida dei gialloblù, anche durante il lockdown, ha continuato a studiare: «Leggere, analizzare, entrare nelle pieghe delle partite, seguire le spiegazioni dei tecnici. Tutto questo per me è fondamentale: ho seguito in particolare De Zerbi, Maran. E poi Marcelo Bielsa: mi affascina come nessun altro. È un personaggio incredibile: lo seguo da sempre e non per ripetere meccanicamente ciò che fa, quanto per prendere spunti. E idee: quelle dell’argentino le considero rivoluzionarie».
Mister, le mancava allenare in prima squadra?
«Non è una questione di categorie, ma di contesti. Perché dietro a una squadra deve esserci sempre una visione, un progetto. E, in questo caso, si è presentata un’opportunità importante, per far sì che tutto il lavoro condotto negli ultimi anni, a livello di settore giovanile, sfociasse nella formazione di riferimento, in serie D. Sento grande entusiasmo nell’ambiente: la voglia di iniziare si tocca con mano».
Che Belluno sta nascendo?
«Un gruppo di soli bellunesi, con diversi atleti del vivaio e un nucleo storico formato da 7, 8 elementi. Sarà motivo d’orgoglio per l’intero ambiente. Con la società c’è grande collaborazione e sintonia».
Corbanese è una conferma di assoluta rilevanza: ha temuto di perderlo?
«Simone ha ricevuto delle proposte allettanti: dopo aver riflettuto a lungo, mi ha spiegato il suo punto di vista. E, con profondo senso di responsabilità, ha deciso di rimanere».
A proposito di conferme, c’è pure Salvadego: cos’ha in mente per lui?
«Stiamo parlando di un ragazzo dalle indiscutibili doti tecniche e fisiche: uno che, peraltro, ha sempre dato un ottimo contributo. In più è versatile, può coprire tutti i ruoli d’attacco. Alternativa a Cobra? No, qui non esistono alternative. Tutti partono alla pari».
Dopo Cavarzano e Ripa Fenadora, ritroverà Gjoshi pure al Belluno.
«L’ho visto crescere. E speravo avesse ancor più fortuna nel calcio professionistico, ma a certi livelli le dinamiche sono davvero particolari. Ricordo quando aveva 15 anni e ha esordito, e segnato, in Promozione. Al di là dell’affetto e della stima che nutro nei confronti di Halil, mi servono giocatori con il suo spirito di sacrificio».
A fine stagione sarà soddisfatto se…
«Se il sottoscritto e i ragazzi avranno fatto le cose al meglio. Perché il calcio è una componente della vita. Ed esprimere il meglio nella sfera sportiva significa dare un sapore diverso a ogni aspetto della quotidianità».