Il Bellunese che si spopola: 7.500 abitanti in meno tra dieci anni

Il Bellunese che si spopola: 7.500 abitanti in meno tra dieci anni

Pensare a una provincia di Belluno senza Ponte nelle Alpi? O senza Longarone e Santo Stefano… o ancora senza l’intera Valboite. Sembra impossibile, ma è la proiezione demografica da qui a dieci anni. La provincia perde – così si stima – 7.500 abitanti. Uno scenario tutt’altro che campato in aria. E se non ci fossero migrazioni da fuori, i numeri sarebbero ancora più impietosi.

LO STUDIO

A dare i numeri è l’Osservatorio Economico Sociale di Treviso e Belluno che ha realizzato una ricerca sulle proiezioni demografiche al 2031 nelle province di Treviso e Belluno. Autore dello studio, presentato ieri (28 febbraio) in Camera di Commercio, lo statistico Andrea Mamprin. 

Se dovessero proseguire le tendenze attuali, la popolazione regionale al 2031 dovrebbe attestarsi sui 4 milioni e 824mila, ovvero circa 46.000 persone in meno rispetto al 2021 (-0,9%). In dieci anni, è come se sparissero completamente gli abitanti delle città di Belluno e Sedico. Ma il bilancio risulterebbe assai più drammatico se si considerasse una proiezione in assenza di flussi migratori: in Veneto verrebbero a mancare 190.000 abitanti, quasi la somma degli abitanti delle città di Vicenza e Treviso. 

Il primo messaggio è chiaro. Riusciamo a contenere i danni dell’“inverno demografico” solo grazie al saldo migratorio, soprattutto al saldo migratorio estero. Con flussi che a questo punto dovranno essere gestiti in modo intelligente, funzionali all’inclusione occupazionale.

E BELLUNO?

Secondo le proiezioni elaborate dall’Osservatorio a fine decennio 2021-2031 la provincia potrà perdere circa 7.500 abitanti, come se sparisse il Comune di Ponte nelle Alpi. Si passerà dunque da 199.700 a 192.200 abitanti. Una flessione del -3,8% contro il -0,9% a livello regionale. Ma in assenza di flussi migratori, la contrazione potrebbe essere di -13.000 abitanti, l’equivalente di tutta la nuova area di Borgo Valbelluna.

Restando all’ipotesi compensata dal saldo migratorio, va però detto che questa flessione non risulterà equamente distribuita nel territorio. Le aree che soffriranno di più del calo demografico saranno il Cadore e l’Agordino, con contrazioni pari o superiori al -7,5% nel decennio 2021-2031. Per il Cadore significa perdere ulteriori 2.500 abitanti. Più mite l’“inverno demografico” nell’area attorno a Belluno, che a fine 2031 polarizzerà il 48% della popolazione provinciale, limitando la contrazione al -1,5%.

LE CONSEGUENZE

I primi, tangibili, effetti di queste dinamiche demografiche sono il calo dei bambini (causa anche coorti meno numerose di mamme in età fertile) e l’aumento della popolazione anziana.

I servizi per l’infanzia (0-2 anni) vivranno il paradosso di tassi di copertura progressivamente migliori a causa della contrazione delle coorti di nati (-680 bimbi 0-2 anni nel periodo 2021-2031 in provincia di Belluno). Oggi l’offerta di posti nido copre “appena” il 32% del fabbisogno potenziale. A offerta invariata di servizi, nel 2031 si potrebbe arrivare a una copertura potenziale del 39%. E basterebbero 175 posti nido in più in provincia per raggiungere l’obiettivo europeo di una copertura al 45%.

Ma già nella scuola primaria la storia sarà molto diversa. In provincia di Belluno, dal 2021 al 2031, la popolazione di studenti nella fascia 6-10 anni si ridurrà di circa 1.600 unità (-20,5%). Se nel 2021 gli alunni iscritti alle classi prime sono stati 1.418, nel 2031 saranno 1.175 (-243). Un calo che, inevitabilmente, dovrà portare al superamento degli attuali criteri di formazione delle classi e all’adozione di innovazioni didattiche e organizzative, se si vorrà evitare il più possibile il taglio dei plessi, soprattutto nelle piccole comunità. Nelle scuole medie mancheranno inoltre altri -1.132 studenti, quelli ricompresi nella fascia d’età 11-13 anni.

Quanto agli anziani, nella provincia di Belluno l’incidenza degli over 65 sul totale popolazione passerà dal 21% del 2001 al 31,4% nel 2031. Questa incidenza raggiungerà il 33,4% nel Cadore. In valori assoluti, ciò significa che nell’arco di tempo di considerato si passerà da circa 43.800 a circa 60.300 ultrasessantacinquenni (+16.500, con un incremento di +6.000 solo nell’ultimo decennio 2021-2031). Nella medesima proporzione, bisogna immaginare un aumento della pressione sui servizi sanitari e socioassistenziali, con tutto quel che ne consegue in termini di tenuta dell’offerta, in un territorio che, per la sua orografia, pone anche problemi di accesso ai servizi.

In mezzo alla denatalità e all’invecchiamento sta il funzionamento del mercato del lavoro, che dovrà incontrare nuovi equilibri. Dal 2021 al 2031 a livello regionale ci saranno circa 143mila residenti in meno in età lavorativa. Questa proiezione porta a delineare, per il mercato del lavoro bellunese, un potenziale ammanco di circa 9.000 persone in età lavorativa. Ma l’ulteriore fenomeno da considerare è la diversa composizione per titoli di studio delle coorti in uscita e in entrata dal mercato del lavoro. Come è fisiologico attendersi, le coorti in uscita sono mediamente meno istruite dei giovani che si affacciano sul mercato del lavoro. Per dare un numero: il tasso di laureati tra gli occupati nella fascia 60-64 anni al 2022 è del 17,3%, che raddoppia con riferimento alla fascia tra i 25 e i 29 anni (35,9%). Il dato è regionale, ma quello bellunese risulta sostanzialmente in linea.

Ciò fa prefigurare un doppio livello di mismatching occupazionale: quantitativo, sulla base oggettiva del minore stock di residenti in età lavorativa; e qualitativo, sulla base della ricomposizione per titoli di studio della popolazione attiva, con inevitabili diverse attese professionali, sempre meno compatibili con i segmenti più basici della domanda di lavoro.

I COMMENTI

«Questa ricerca sulle proiezioni demografiche al 2031 nei nostri territori ci fornisce dei numeri importanti, che ci obbligano a definire nuove ipotesi di futuro per la nostra comunità» è il primo commento a caldo del presidente della Camera di Commercio di Treviso-Belluno, Mario Pozza. «In provincia di Belluno, tra il 2021 e il 2031, alle imprese mancheranno circa 9.000 residenti in età lavorativa. Peggiorerà dunque il già difficile processo di reclutamento di forza lavoro da parte delle imprese, nel breve compensabile da un’intelligente gestione dei flussi migratori, ed elevando il tasso di occupazione femminile. Ma in una visione di medio-lungo periodo dovremo ridefinire, nelle imprese e nei territori, le condizioni di attrattività dei giovani talenti. Pochi e più qualificati. Che non è vero che non hanno voglia di lavorare: in realtà chiedono di essere meglio valorizzati, per ruoli, retribuzioni, carriere, anche per ambiente sociale e culturale che possiamo loro offrire».

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