Costi alle stelle, la Cisl denuncia le rette delle case di riposo

Costi alle stelle, la Cisl denuncia le rette delle case di riposo

Può una famiglia sostenere costi fino a 65 euro al giorno per le case di riposo? Risposta secca: no. È la Cisl a lanciare l’allarme, in una ricerca effettuata dal sindacato pensionati sulle Rsa di Belluno e Treviso. Emerge che oltre alle rette alle stelle, spesso non c’è la Carta dei servizi e ci sono problemi strutturali di organici e assistenza. 

L’ANALISI

Per quanto riguarda il territorio di Belluno sono stati analizzati 29 istituti, per un totale di 2.079 posti letto autorizzati e 2.003 posti letto accreditati. Sotto la lente 10 istituzioni comunali, 5 enti religiosi, 2 Ipab, 5 società di capitali, 2 società cooperative, 3 fondazioni, 2 onlus: un insieme di società, enti e cooperative che agiscono nello stesso settore con regole diverse. Colpisce il fatto che 8 istituzioni comunali su 10 non pubblichino la Carta dei servizi. Per quanto concerne le rette, ben 16 istituti su 29 – oltre la metà degli istituti certificati all’assistenza delle persone non autosufficienti – non pubblicano le quote. In provincia di Belluno, su 53.172 pensionati, quelli che non raggiungono i 1.000 euro al mese sono uno su tre: 18.842 (35%). I pensionati che arrivano a 2.000 euro sono 22.274 (42%).

«Con un’inflazione che colpisce duramente le famiglie, una spesa per la sanità in costante e progressiva diminuzione, la scarsità di personale sanitario e una richiesta di cure crescente per una popolazione sempre più anziana, non possiamo che essere preoccupati – commenta l’autore della ricerca, Ugo Previti della Cisl Fnp Belluno Treviso -. Gli anni del blocco del turnover, i continui tagli alla sanità e una programmazione sbagliata sul numero dei medici da formare hanno prodotto una crisi che se non fermata diventerà irreversibile. Il problema di oggi è, sia negli ospedali che nelle case di riposo, la scarsità di garanzia di qualità poiché si ricorre sempre più spesso ai medici a gettone non seguendo nessuna regola ma avendo l’unica necessità di coprire un turno scoperto. È evidente che queste soluzioni tampone non possono protrarsi nel tempo perché gravano su personale sanitario già sfiancato da oltre due anni di pandemia. Il tema è sempre lo stesso: una programmazione sanitaria in grado di formare i medici di cui si ha bisogno, così come gli infermieri e il personale socio-sanitario, e pagarli il dovuto per non farli scappare all’estero o verso il privato».

LE PROPOSTE

Le case di riposo, così come tutto il sistema dell’assistenza territoriale, vanno rimesse al centro. «Il problema riguarda tutti – sottolinea il segretario generale della Cisl Fnp Belluno Treviso Franco Marcuzzo -, gli anziani e le famiglie vanno aiutate con forme di abitare condiviso (cohousing), nell’ambito di un progetto che miri al mantenimento dell’autonomia della persona anziana all’interno di una abitazione e allo stesso tempo di condivisione dei diversi servizi che l’ente gestore può offrire». «Vanno sviluppate – prosegue Marcuzzo – le strutture di prossimità, come le case della comunità e potenziate le cure domiciliari, così come vanno definiti progetti individualizzati di assistenza integrata perché ogni soggetto ha bisogni diversi in base a patologie pregresse». Infine vanno presi i dovuti provvedimenti di sostegno, a partire da quello previdenziale, ai caregiver, i familiari che assistono a tempo pieno e a titolo gratuito un proprio parente anziano.

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