All’asilo Cairoli si costruiscono città di cartone. Anche in quarantena

All’asilo Cairoli si costruiscono città di cartone. Anche in quarantena

Un tutorial per costruire una città di cartone. O uno striscione colorato per partecipare al flashmob #andràtuttobene. I bambini dell’asilo Cairoli non sono rimasti fermi in questo periodo di quarantena. Men che meno i loro insegnanti. Del resto, il mantra della scuola di via del Piave, a Belluno, è quello del “learning by doing” (dell’imparare facendo). Quindi, ognuno a casa propria, a costruire casette. Con l’aiuto dei genitori, che sono diventati la cinghia di trasmissione fondamentale tra scuola e bambini.

«Quando il percorso didattico si è improvvisamente interrotto, con i bambini più grandi stavo portando a termine un percorso di coding e introduzione alla robotica educativa – racconta Nadia Sala, che da 25 anni insegna alla scuola dell’infanzia -. Quando abbiamo intuito il decorso di questa situazione, la necessità del lungo isolamento, mi sono da subito attivata con le colleghe per fare in modo che insieme alle famiglie potessimo tendere un filo rosso per non spezzare soprattutto il legame emotivo con i nostri bambini. A scuola, proprio a termine del percorso di coding, stavamo imparando a costruire delle casette per allestire il plastico di una città, su un ambiente dove dovevamo far muovere i nostri robottini; dovevamo documentare il nostro percorso e presentarlo alla “giornata delle istituzioni”, il 24 marzo.. un appuntamento importante. Non c’è stato il tempo. Abbiamo cominciato proprio da lì». Ed ecco nascere il tutorial su come tagliare la carta, incollarla e ricavare una casetta, con il tetto e tutto quello che serve. A prendere forma, però, non sono state solo le strutture di una città di cartone, ma qualcosa di molto più solido: la collaborazione stretta con le famiglie e la consapevolezza che volenti o nolenti, la didattica a distanza sarebbe stata l’unica via possibile.

Una via che era stata studiata prima del coronavirus. La stessa maestra Nadia racconta di aver partecipato a una formazione specifica. Tra lo studiare e il mettere in pratica nel lavoro di tutti i giorni, però, c’è una bella differenza. E difatti, prima dell’emergenza, le competenze su innovazione, digitalizzazione e didattica a distanza erano rimaste nel cassetto. Poi, ecco l’occasione per fare di necessità virtù. Le attività vanno avanti. Anzi, davanti… allo schermo del computer.

«I materiali e le proposte didattiche rivolte ai bambini vengono caricati da noi insegnanti in uno spazio cloud a cui i genitori possono accedere liberamente – continua Nadia Sala -. Qui si trovano anche anche i materiali che le famiglie ci restituiscono e che noi allestiamo in modo significativo e possibilmente allegro e accattivante. Riteniamo fondamentale più che mai in questo momento valorizzare la circolarità dell’agire educativo: insegnanti-genitori-bambini. In un modo strano, inaspettato, a volte complesso, abbiamo infatti la possibilità di non interrompere il nostro percorso educativo e didattico con i bambini».

Insomma, anche per Nadia e l’asilo Cairoli, la didattica a distanza funziona. Anzi, potrà funzionare anche dopo il coronavirus. «Nella mia valigetta degli attrezzi si sono già aggiunti in questo tempo nuovi strumenti utili e interessanti – dice la maestra -. Per questo devo ringraziare anche i colleghi più esperti. Il treno delle nuove tecnologie per la didattica, ma anche per la comunicazione, corre velocemente: credo che avrò costantemente da imparare e da mettere in pratica. Tuttavia, in tutti i gradi scolastici, mi pare stia emergendo sempre più forte il bisogno di ritornare il prima possibile all’“umano”, alle relazioni vere, alle emozioni condivise che la scuola, piccola comunità, sa generare». Un’ultima considerazione? Quella che diversi insegnanti stanno facendo nelle ultime settimane. «Quasi tutte le famiglie sono state raggiunte e coinvolte in questo percorso di didattica a distanza – conclude Nadia Sala -. Tuttavia è chiara la difficoltà da parte di alcune famiglie che vivono in situazione di disagio socio-economico, delle famiglie degli alunni con disabilità gravi o degli alunni stranieri non ancora del tutto integrate. Passata questa situazione, ripresi i fili di una nuova normalità, sarà mia cura rivolgere un pensiero anche a questi bambini e cercare di attrezzarmi in modo da poter raggiungere tutti in modo efficace».

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