Boschi senza pace. Dopo Vaia ora è allarme bostrico

Boschi senza pace. Dopo Vaia ora è allarme bostrico

Non solo gli alberi abbattuti a milioni, con interi versanti boschivi devastati. C’è uno strascico, per ora ancora poco visibile, della tempesta Vaia di due anni e mezzo fa, che rischia però di far sentite i suoi effetti per molti anni a venire. E’ l’infestazione di “Ips typographus” (o “bostrico dell’abete rosso”). Un parassita della famiglia dei coleotteri che attacca gli abeti rossi. Colpisce le piante più deboli, in sofferenza, le colonizza e si nutre dei tessuti sottocorticali, che conducono la linfa dalle radici alle foglie. In poche settimane l’albero muore.

Nulla di nuovo, in verità. L’allarme bostrico fu lanciato già nell’immediato dopo – Vaia, quando ci si appellò a fare presto ad esboscare le piante schiantate, proprio per evitare la diffusione del piccolo ma fenomenale parassita. Così, però, non è stato, e oltre metà del materiale legnoso abbattuto da Vaia è ancora lì. E oggi, al terzo anno dall’evento catastrofico, l’epidemia di bostrico è al suo apice: l’insetto, dopo essersi moltiplicato negli alberi a terra, oggi attacca le piante ancora in piedi (ma sofferenti) nei dintorni.

«In questo momento la concentrazione di bostrico è 4 – 5 volte oltre la media degli ultimi 10 anni» spiega Valerio Finozzi, tecnico dell’Unità organizzativa fitosanitario della Regione Veneto, che assieme all’università di Padova e a Veneto Agricoltura studia la diffusione dell’epidemia e le soluzioni per arginarla, «e ormai l’infestazione ha preso piede in gran parte dei siti più colpiti dalla tempesta Vaia». Gli effetti sono visibili. Basta alzare lo sguardo per cogliere macchie sbiadite nel verde del bosco: abeti ormai secchi, vittime del piccolo coleottero originario del Nord Europa. Un problema diffuso in Agordino e nel Feltrino, nella fascia prealpina tra la Valbelluna e l’Alto trevigiano, oltre che in intere aree del Vicentino.

«Gli effetti a cui andremo incontro nei prossimi anni sono molteplici – spiega Finozzi -. A cominciare da quello estetico, con sempre più piante che andranno a seccarsi. Ma poi c’è il problema, grave, della grande quantità di legno secco, potenziale innesco per gli incendi. E la moria delle piante acuirà il dissesto idrogeologico dei versanti».

Debellare il bostrico non è semplice, perché il parassita attacca le piante ancora verdi, ma sofferenti, che riconosce grazie agli specifici feromoni emessi dagli abeti in condizioni di stress. E proprio i feromoni sono una delle armi a disposizione di Finozzi e il suo team, che in questi giorni stanno intervenendo nella zona della Val di Gares e sui versanti boschivi tra Limana e Borgo Valbelluna. «Una delle soluzioni – spiega Finozzi – consiste nell’installazione di “trappole” in grado di attirare il bostrico». Si tratta di una sorta di cassette postali imbevute di feromoni “di aggregazione” che richiamano grandi quantità di parassiti che poi restano lì intrappolati.
C’è poi l’idea delle piante – esca. «Tronchi abbattuti innestati di feromoni – spiega Finozzi – che attirano l’insetto. I tronchi verranno poi scortecciati ed esboscati prima che le larve di bostrico sfarfallino e si diffondano alle piante vicine». Un rimedio efficace e nemmeno costoso: bastano 500 euro per acquistare feromoni di aggregazione in quantità. Purtroppo però gran parte dei sindaci sta ancora sottovalutando il problema. «Invece – si appella Finozzi – occorre fare in fretta, o la situazione andrà fuori controllo».

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