“Pensieri in quota al tempo del Covid-19”
di Antonio G. Bortoluzzi
Scrittore, premio Gambrinus-Mazzotti della montagna, finalista Premio Calvino; il suo ultimo romanzo “Come si fanno le cose” è pubblicato da Marsilio
In questi giorni in cui vado al lavoro e cerco di proteggermi e proteggere i colleghi e le colleghe applicando le indicazioni e le raccomandazioni sanitarie, e dove la nostra sicurezza dipende dal non venire a contatto con il virus, penso ai lavoratori della sanità: quelli che non sapevano e per primi hanno pagato con la vita, coloro che ora sanno e ogni giorno vanno dentro la bufera, proprio lì dove ognuno vorrebbe, ragionevolmente, starne fuori e mettono a repentaglio la loro vita. Ecco, noi siamo disposti a curare e soccorrere un nostro familiare, un amico, perfino un paesano: ma uno sconosciuto? E quindi dobbiamo dircelo: se il Paese sta in qualche modo in piedi è perché viviamo dentro quella civiltà che è organizzata intorno ai valori fondanti della comunità, e non è un istinto, una passione, un innamoramento, è un dovere civile reciproco che può salvare perfino dei forèsti, degli sconosciuti, come potremmo essere noi o i nostri cari in una corsia d’ospedale. Oggi dobbiamo essere all’altezza di chi nella quotidianità fa un lavoro supremo e ci indica la via proprio quando la bufera offusca l’orizzonte e quasi non si vede un passo.