Quel legame tra Mosca, i monti dell’Azerbaijan e le Dolomiti bellunesi

Quel legame tra Mosca, i monti dell’Azerbaijan e le Dolomiti bellunesi

 

Il viaggio del Marco Polo bellunese prosegue: dopo la prima puntata (chi non l’avesse letta, può cliccare qui), ecco la seconda e ultima parte del racconto di Mario Cimarosti. Ovvero, l’autore del libro “Ai confini dell’Asia” (Ediciclo Editore). 

 

«Ho proseguito sulla strada dei carovanieri, oltrepassando montagne sacre, come l’Ararat: l’altissimo monte biblico dove si arenò l’arca di Noè. Ogni mio giorno trascorso in Armenia era scandito dalla protezione di questa grande montagna. La osservavo laggiù, in fondo, oltre il confine turco. Mi parlava, l’Ararat, come oggi parla a cuore aperto a tutti gli armeni figli del genocidio nascosto, orgogliosi e fieri di essersi saputi rialzare. 

Guardavo i monti armeni e mi sentivo più vicino all’Italia e alla nostra Belluno con le sue splendide Dolomiti. A quel punto ho raggiunto il Lago Sevan (tra i laghi naturali più alti del mondo, a quota 2000 metri) e, attraverso zone coperte da boschi e tornanti, sono approdato in Georgia, a Tbilisi, scalando le rocce di Uplistsikhe, con chiese rupestri scavate nella roccia. Mi sono fermato a parlare con i monaci e ho respirato la preghiere di queste zone ascetiche, dal grande valore spirituale e paesaggistico. 

Ma fra le varie e incredibili esperienze, quella che mi ha fatto scoprire il legame tra la Via della Seta e le Dolomiti bellunesi è avvenuta tra i monti dell’Azerbaijan. Sono arrivato a Baku, accolto da una fittissima nevicata e, passeggiando nel bianco, ho visitato il centro storico, i suoi mausolei e i caravanserragli. Poi ai confini del mar Caspio, con il tempio del fuoco di Atesgah (luogo meditativo di Zarathustra), simbolo dell’etnia Parsi che ancora oggi predica lo zoroastrismo in India. E ancora, mi sono spinto a Chengde, nei monti della Cina, tra i monasteri buddisti, a 4 ore di treno da Pechino: roccia e meditazione mi hanno avvicinato alla terra bellunese, abbracciato da quel calore che solo la montagna sa dare. Una magia per qualsiasi viaggiatore. 

Ricordo commosso quando, sotto la neve di Mosca, ho respirato l’aria fredda delle Dolomiti. E ho chiuso gli occhi in Piazza Rossa, dove è prevalsa la mia anima di bambino, legata alle corse con i fratelli, tra i prati innevati dell’Alpago. In Russia, a metà degli anni Novanta, ho composto la mia prima poesia, davanti alla Cattedrale di San Basilio. Io, seduto sul muretto di cinta, e la neve che scendeva, coprendomi di bianco il cappotto e il mio inseparabile colbacco pieno. Scrivevo, respirando piano». 

 

“Ai confini dell’Asia” è acquistabile in libreria e in vari siti web, mentre il video di presentazione del libro lo si può scoprire cliccando qui

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