Sono state oltre 3700 le sedute di radioterapia effettuate con il nuovo acceleratore lineare del reparto di Radioterapia oncologica del San Martino di Belluno, in servizio da un anno esatto e i cui dati sull’attività sono stati presentati dal commissario dell’Ulss 1, Giuseppe Dal Ben.
Si tratta di uno strumento di avanzatissima tecnologia, costato quasi 2 milioni di euro ma che ha fatto fare un passo in avanti poderoso alle tecniche di cura di alcuni tipi di tumori, come quelli alle ghiandole mammarie e alla prostata. Il nuovo acceleratore lineare, che può contare su un lettino motorizzato in grado di posizionare il paziente in maniera precisissima (e memorizzandone pure la posizione) e di una tecnologia in grado di colpire in modo millimetrico il bersaglio permette di utilizzare la stereotassi, una tecnica d’avanguardia che consente di somministrare con estrema accuratezza e precisione alte dosi di radiazioni riducendo il numero di sedute necessarie per trattare alcuni tipi di tumori. Il tutto si traduce in una miglior qualità di vita dei pazienti e l’abbattimento delle liste di attesa: i tempi di attesa a Belluno sono nell’ordine di un mese, un valore molto più basso rispetto al resto del Veneto.





Tanto da far diventare l’ospedale San Martino un riferimento a livello regionale e non solo. Dei 361 pazienti trattati in 12 mesi, il 18%, infatti, proviene da altre Ulss, molti anche da fuori regione. E nei primi sei mesi del 2023 la Radioterapia ha accolto 50 pazienti provenienti da tutta Italia, da Trento, a Torino, a Catania. Una grande soddisfazione per il team coordinato dal, primario Alessandro Magli, che rassicura: la radioterapia non è pericolosa, non veicola radiazioni:
Importante anche il ruolo del reparto per quanto riguarda l’attività scientifica. L’ospedale di Belluno è al momento coinvolto in tre studi sugli effetti della radioterapia. I. Particolare, per quanto riguarda lo studio italiano Spa – Radioterapia stereotassica prostatica, il San Martino di Belluno è uno dei sedici centri italiani scelti, ed è quello che ha arruolato più pazienti, 28.
Insomma, per dirla con le parole del commissario dell’Ulss 1, Giuseppe Dal Ben, la sanità di montagna funziona: