C’è chi aprirà. E chi lo farà, ma in sicurezza. Raddoppia la protesta dei gestori di locali bellunesi contro le misure restrittive del governo.
Oggi, ad alzare le serrande, non ci saranno solo i seguaci dell’iniziativa nazionale #ioapro15 (nata e cresciuta sui social), che punta ad aprire i locali al pubblico, nel rispetto del distanziamento ma non degli orari di chiusura imposti.
Ma anche i fautori di una forma di protesta più soft, già denominata #ioaproinsicurezza: serrande alzate e luci accese dalle 8 alle 10, ma nessuna apertura al pubblico. Una cinquantina, finora, gli esercizi aderenti, concentrati soprattutto in Destra e Sinistra Piave.
Ieri una delegazione, sotto le insegne di Veneto Imprese unite, ha incontrato il prefetto di Belluno, Sergio Bracco, al quale ha chiesto di farsi portavoce verso il governo. Chiare le richieste. «Ci diano le evidenze scientifiche che dimostrino come il nostro settore sia così pericoloso per la salute delle persone – dice Elena Casoni, gestore di due bar a Sedico e Bribano – anche perché noi ci siamo sempre attenuti alle norme sanitarie. Abbiamo sempre lavorato in sicurezza ma non possiamo più permetterci di restare chiusi. Abbiamo dipendenti, affitti, costi fissi da pagare, famiglie da mantenere».
Gli esercenti chiedono anche ristori e aiuti adeguati: «Quelli arrivati finora sono insufficienti – continua Casoni -. Parliamo del 9-10% della perdita di fatturato. È ora che qualcuno ci ascolti».
Insomma, #ioapro, o #ioaproinsicurezza? «Quella di #ioapro è una protesta di pancia – chiosa Casoni – condivisibile per l’umore, ma ora non è il momento. Noi cerchiamo di essere collaborativi, ma non meno incisivi».