«Devastazione, ma anche la forza della gente»: Vaia due anni dopo

«Devastazione, ma anche la forza della gente»: Vaia due anni dopo

«Quando ho sorvolato la provincia, il giorno dopo, ho avuto una sensazione netta: sembrava che ci fosse stato un terremoto, senza la scossa tellurica». Fabio Dattilo, oggi a capo del corpo nazionale vigili del fuoco, era comandante del Veneto nell’ottobre 2018. Ed è stato tra i primi a vedere gli effetti di Vaia.Il mix di acqua e vento fu micidiale, tanto che a due anni di distanza ancora si contano le ferite. «Ma fu anche la dimostrazione che il nuovo codice di Protezione Civile funziona».

Ingegner Dattilo, cosa ricorda di quei giorni?

«Eravamo impegnati nello spegnimento dell’incendio di Taibon e tutti abbiamo pregato che arrivasse un po’ di pioggia. Forse siamo stati esauditi anche troppo. Poi è arrivata la grande sventura, sintomo del cambiamento climatico che abbiamo di fronte».

Già, la tempesta Vaia.

«Una capacità distruttiva che nessuno poteva immaginare. La devastazione è stata spaventosa. Solo l’effetto sui boschi, con il corrispettivo di 40mila campi da calcio di piante abbattute…».

Nessuno poteva immaginare. Ma le previsioni meteo hanno funzionato.

«Le previsioni sono fondamentali. Quanto più accurate sono, tanto più è facile mettere in atto situazioni di autoprotezione. Nel caso di Vaia, siamo riusciti a contenere il numero delle vittime solo perché l’invito a ripararsi e rimanere in casa, conseguente alle previsioni, è stato ascoltato. Per questo tipo di calamità poteva andare molto peggio». 

Oltre alle previsioni, cos’altro ha funzionato?

«La macchina dei soccorsi e la gestione dell’emergenza, fatta in squadra. È stata un’ottima prova di funzionamento del nuovo codice di Protezione Civile. Le parti si sono ben integrate, dopo i primi momenti di smarrimento. E tutte le componenti, dalle forze dell’ordine ai Comuni, dalla Regione alla Provincia, da Enel alle compagnie di telefonia… tutti hanno lavorato come un corpo unico. Prima di tutto per ripristinare i collegamenti, visto che molte vallate erano isolate. Poi, per portare aiuti. Il Ccs (centro coordinamento soccorsi, ndr) è stato fondamentale».

Lei ha sorvolato il Bellunese in elicottero la mattina dopo la grande tempesta. Cosa ricorda?

«Un’immagine precisa: quella di un disastro idrogeologico impressionante. Tutto il Cordevole aveva mangiato le sponde. In Comelico la strage degli alberi. I Comuni di Feltre e Rocca Pietore, con le situazioni più critiche. Ho visto i danni di un terremoto senza che ci fosse stato il terremoto. Ricordo poi che anche noi vigili del fuoco eravamo impossibilitati a comunicare tra di noi. In quei momenti sono state fondamentali le squadre di volontari che lavoravano da dentro il disastro. Gli aiuti da fuori non potevano arrivare immediatamente. Ricordo la gente di montagna che si è rimboccata le maniche. I sindaci in prima linea. La Provincia pronta con i suoi mezzi. La Regione con i suoi. Ricordo anche una signora, che era rimasta senza luce e telefono per giorni: mi disse che era riuscita a cenare con i suoi famigliari senza la distrazione del cellulare e della tv. Un’immagine di ottimismo in mezzo a giorni difficili».

Quali sono stati i primi interventi?

«Il primissimo è stato una necessità: ripristinare i collegamenti telefonici e radio con le zone più colpite. Abbiamo portato noi alcuni sistemi di antenna per collegarci con i Comuni isolati. Poi abbiamo portato batterie e generatori. Da lì il sistema di gestione dell’emergenza ha potuto mettersi in moto».

A due anni di distanza, cosa ci lascia la tempesta Vaia?

«Vaia ci ha insegnato molto: lezioni imparate e già messe a frutto. La prima è che il sistema di Protezione Civile deve essere una squadra sola; e proprio da Vaia il clima è cambiato: adesso non c’è più “concorrenza” ma complementarietà. La seconda è che servono azioni preventive e che utilizzare le previsioni meteo è fondamentale. La terza: nel momento opportuno, essere insieme in una sala operativa unica a coordinarci, è non solo utile, ma imprescindibile. E infine, una lezione che può tornare utile anche in altre emergenze: che la comunicazione di ciò che sta accadendo, senza esagerazioni e senza attenuazioni, è indispensabile».

Fabio Dattilo in sopralluogo a Rocca Pietore, con il governatore Zaia e l’allora ministro degli Interni, Matteo Salvini

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