Migliaia di chilometri per pescare sul Piave: il turismo canna e lenza funziona

Migliaia di chilometri per pescare sul Piave: il turismo canna e lenza funziona

Oltre 18mila chilometri. È la distanza dalla Nuova Zelanda al lago di Centro Cadore. Più di un giorno di volo e un paio d’ore di macchina. Tutto per pescare. 

Sembra strano ma è proprio così: gli appassionati di pesca non badano alla distanza, al jet lag o al costo di un biglietto aereo, se l’idea è quella di testare canna ed esche sulle acque del Piave. E non sono pochi quelli che lo fanno. Anzi. Tanto che ormai è stato coniato un termine preciso per definire questa “migrazione” da pescatore: il “pescaturismo”. Che ogni anno vede un migliaio abbondante di lenze arrivare a Belluno da tutto il mondo. 

Pescano in canadese, inglese, lituano… «Possiamo calcolare una media di 1.500 pescatori stranieri ogni anno – spiega Valerio Finozzi, appassionato pescatore del bacino di pesca numero 8 -. Arrivano dalla Nuova Zelanda, dall’Australia, dal Canada… oltre ovviamente ai più “vicini” da Francia, Germania, Svezia, Inghilterra, Austria e Slovenia». Ad attirarli è la possibilità di pescare con vista sulle Dolomiti, certo. Ma c’è di più. «Il motivo principale è la rarità della trota marmorata, che vive nel Piave e nei suoi affluenti – continua Finozzi -. E la possibilità di catturare lucci di dimensioni considerevoli nel lago di Centro Cadore e ad Arsié».

Trota e luccio, insomma. C’è gente che pesca per passione e che la sera – in Canada, in Australia, in Nuova Zelanda – davanti al pc, programma un viaggio in provincia di Belluno, lenza al seguito. «Proprio quest’anno, nel lago di Centro Cadore, è stato pescato un luccio di 145 centimetri – dice Finozzi -. Non appena questo dato si è diffuso sul web, è iniziata una sorta di migrazione verso la zona del Cadore. Non è una novità assoluta, visto che già prima della tempesta Vaia si è assistito a questo fenomeno al lago del Corlo, ad Arsié. In Canada ci sono alcuni bacini con superficie immensa, fino a cento volte quella del lago di Garda, e anche di più. Ma la fauna ittica non è neanche paragonabile a quella delle Dolomiti».

Ecco cosa attira i pescaturisti. Che non sono mancati neanche quest’anno. D’altronde, pescatori che girano il mondo per la trota marmorata non si lasciano spaventare dal Covid. Lo dimostrano gli arrivi in alcune strutture ricettive bellunesi, che tra luglio e settembre hanno accolto diverse lenze straniere. «Mia moglie e io gestiamo un b&b a Ponte nelle Alpi e quest’estate abbiamo avuto quattro pescatori dalla Germania, arrivati appositamente per la pesca a mosca sul Piave. Altri sei sono arrivati dalle Repubbliche baltiche, insieme a una comitiva dal’Est. E c’è un gruppo che arriva tutti gli anni dalla Nuova Zelanda per il luccio».

La pescaturismo insomma è una realtà consolidata, anche se ancora poco conosciuta e scarsamente “sponsorizzata”. «Le potenzialità per far diventare questo tipo di turismo una realtà importante per il territorio ci sono tutte – conclude Finozzi -. Ma dobbiamo maturare ancora molto. Basti pensare che in Trentino esistono dei parcometri dove è possibile acquistare il permesso giornaliero di pesca inserendo solamente il numero della licenza. Nella nostra provincia invece bisogna aspettare l’apertura delle attività commerciali che appoggiano i bacini di pesca. Spesso in orari anche molto distanti da quelli consueti e abituali per i pescatori».

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