«Una montagna senza lupo è come una città senza strade: impraticabile. Perché il mammifero è fondamentale per la biodiversità». Parole e musica di Flò Mazarol: la guida naturalistica ed educatrice ambientale interviene su un argomento di strettissima attualità.
Ma legato a doppio filo al passato: «Il lupo non è arrivato da chissà dove. È sempre esistito, nell’intero arco alpino. Anche se un secolo fa si è quasi estinto – per colpa dell’uomo – non è mai del tutto scomparso. Tanto è vero che negli anni Settanta hanno iniziato a studiarlo. E a considerarlo meritevole di “particolare protezione”, proprio per la sua importanza in termini di equilibri e biodiversità. Dall’Appennino è risalito alle Alpi liguri e, piano, piano, si è diffuso in Piemonte, Lombardia, fino al Veneto. Non solo: dall’ex Jugoslavia, in tempi più recenti, altri esemplari hanno ripopolato la zona bellunese».
I branchi accertati in provincia sono otto: «Stiamo calmi, il lupo avrà sempre numeri contenuti. Non aumenterà mai in maniera esponenziale: un po’ per la mortalità elevata, già dalle prime settimane di vita; un po’ per gli incidenti. E un po’ perché sono gli stessi mammiferi a fare selezione: è una sorta di regolazione naturale».
Tuttavia, pastori e allevatori sono allo stremo delle forze: «E li capisco. Con il lupo, però, si può vivere e convivere. L’importante è sistemare la logistica e alcune cose pratiche. Ma i pastori non possono fare tutto da soli: è necessario l’aiuto delle istituzioni. A cominciare dallo Stato, che ha la responsabilità della fauna selvatica». Flò Mazarol non ha dubbi: «Vanno costruiti recinti elettrificati e ricoveri adeguati per custodire pecore, capre, asini. I soldi non li possono mettere gli allevatori. O un domani saranno loro in via d’estinzione».
La guida naturalistica cita l’esempio del Parco nazionale delle Dolomiti: «L’ente Parco acquista, a sue spese, i recinti elettrificati e li mette a disposizione di chi li richiede. E al di fuori del Parco? Deve intervenire un ente pubblico, non c’è alternativa: lo Stato e la Regione, in primis. I fondi? Ci sono, ma vanno utilizzati. Basti pensare al progetto Life Wolfalps, finalizzato a evitare attacchi e predazioni: in Liguria e Piemonte, il conflitto col lupo è quasi del tutto sedato. In Veneto no, per quale motivo? Perché la responsabilità è politica. Solo politica».
Qualcuno parla di dare caccia al grande predatore: «E sarebbe un gravissimo errore – conclude l’educatrice ambientale -. Nel trattare il tema, ci vuole più razionalità e meno emotività. In particolare da parte delle istituzioni: devono dare il buon esempio. E abbassare i toni. Lo stesso vale per i cosiddetti animalisti da salotto».