Sarà l’anno della montagna. «Ma dovevamo valorizzare il marchio Unesco»

Sarà l’anno della montagna. «Ma dovevamo valorizzare il marchio Unesco»

Il Covid sembra aver portato nuova linfa alla montagna. Anche ieri, flussi eccezionali sulle Dolomiti bellunesi e sulle Prealpi della Valbelluna. Escursionisti e turisti della domenica pronti a fare il pieno di montanità. Basterà per il rilancio delle “terre alte”? Difficile a dirsi. «La verità è che non abbiamo saputo sfruttare al meglio l’opportunità del riconoscimento Unesco». Parola di Gianni Alberti, appassionato escursionista e già presidente Cai di Belluno.

Alberti nel 2009 ha vissuto da vicino l’avvio delle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità; «ero coordinatore delle sezioni bellunesi del Cai, rimasto altri due anni dopo aver fatto il presidente» racconta. «Ho partecipato anche a diverse riunioni, ma la componente politica di allora non ha saputo cogliere le chance dell’Unesco. Poteva essere il rilancio di una serie di attività tipicamente locali, come un certo tipo di ricettività e l’artigianato… sarebbe bastato valorizzare al meglio il logo Unesco. Alla fine, invece, è diventata una cosa solo commerciale».

Come mai?

«Ho l’impressione che sia mancato il lavoro di squadra al Bellunese. La politica locale si è divisa, al contrario di quanto fanno Trento e Bolzano. Noi siamo ancora divisi per vallate, che grosso modo corrispondono alle Unioni Montane. E ogni vallata ha il suo punto di vista, le sue visioni. Lo abbiamo visto con il discorso viabilità; e anche con le centraline idroelettriche: ci sono Comuni che ingenuamente hanno concesso il nullaosta per realizzarle, pensando di ricavarne un utile».

Insomma, il grande errore è che le questioni di parte impediscono una visione d’insieme e strategica.

«Proprio così. E lo stiamo vedendo nel nostro territorio».

Però il turismo in montagna sembra andare forte quest’anno.

«È cambiato molto il modo di andare in montagna».

In che senso?

«Le generazioni attuali hanno ancora lo spirito giusto per valorizzare il territorio. Sono cambiati invece quelli che vengono da fuori, che pretendono di avere rifugi come alberghi a cinque stelle, con piatti tipici, bivacchi e sentieri sempre a posto. In questo è cambiato il modo di andare in montagna. Da parte dei locali ci sarebbe ancora lo spirito giusto. Chi viene da fuori invece chiede servizi sempre più elevati, che però costano. Noi siamo reduci da Vaia e ovviamente non tutti i sentieri sono tornati come prima. Purtroppo ci sono zone che saranno impossibili da sistemare».

In più c’è ancora il Covid.

«Vero. Ma la montagna non ha problemi di assembramenti. Poi è vero che dipende molto dal senso di responsabilità di ognuno. Qualche problema potranno averlo i rifugi, ma sono convinto che con il rispetto delle regole non sarà troppo difficile».

© Copyright – I testi pubblicati dalla redazione su newsinquota.it, ove non indicato diversamente, sono di proprietà della redazione del giornale e non è consentita in alcun modo la ripubblicazione e ridistribuzione se non autorizzata dal Direttore Responsabile.

TAG
CONDIVIDI
Articoli correlati
© 2023 NIQ Multimedia s.r.l.s. – C.F. e P.IVA: 01233140258
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Belluno n. 4/2019
Web Agency: A3 Soluzioni Informatiche
Made by: Larin
News In Quota
Torna in alto