44 imprese artigiane annientate dal lockdown. E il peggio deve ancora arrivare

44 imprese artigiane annientate dal lockdown. E il peggio deve ancora arrivare

Quarantaquattro croci. Sono le imprese artigiane “in meno” del Bellunese. Quelle falcidiate dal coronavirus. E il peggio deve ancora arrivare.

Perché il lockdown ha paralizzato l’economia e il mondo produttivo. Ma non è che con la “fase 2” la situazione vada molto meglio. Lo dicono i dati della Cgia di Mestre, che ha analizzato il periodo nero per l’artigianato. Anche provando a guardare il prossimo futuro, con nubi fosche all’orizzonte.

I DATI

A livello nazionale sono 11mila le imprese artigiane perse nel primo trimestre 2020. Quindi in un periodo già buio, ma non ancora da lockdown prolungato. Con ogni probabilità i dati a fine anno saranno ancora più tetri.

A livello veneto, nel periodo gennaio-marzo sono nate 2.633 aziende, mentre ne sono morte 3.635. Il saldo quindi dice -1.002. L’andamento è simile in provincia di Belluno: 87 aziende iscritte nei registri, 131 cancellate; vale a dire 44 imprese in meno sul territorio.

I dati, però, mostrano anche qualcos’altro. Se si allarga lo sguardo, si può vedere come la contrazione di imprese sia un fenomeno che arriva da lontano. Negli ultimi quattro anni, ad esempio, il segno meno è sempre stato una costante. Significa che la crisi è storica, non momentanea. Ma significa anche che il Covid rischia di dare la mazzata finale a un’economia già stantia ed emorragica. A meno che non si verifichino due condizioni: la possibilità di accedere a contributi (magari a fondo perduto) e la volontà delle aziende di reinventarsi (a livello locale qualcuno l’ha già fatto, mettendosi a produrre mascherine durante la prima fase della pandemia).

LE PROSPETTIVE

«Molti artigiani senza alcun sostegno al reddito sono andati in difficoltà e non sono stati pochi coloro che hanno ipotizzato di gettare la spugna e di chiudere definitivamente la saracinesca – commenta Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi di Cgia -. Dopo la riapertura totale, invece, lo stato d’animo di tanti piccoli imprenditori è cambiato. C’è voglia di lottare, di resistere. Purtroppo, non tutti ce la faranno a sopravvivere».

Cosa serve? Soldi. Una pioggia di contributi. Perché quelli del Decreto Rilancio paiono insufficienti. «L’artigianato ha bisogno di sostegno perché è l’elemento di coesione sociale del nostro sistema produttivo – dice Renato Mason, segretario Cgia -. Se spariscono le micro imprese, rischiamo di abbassare notevolmente la qualità del nostro made in Italy. Le risorse messe a disposizione dovrebbero essere convogliate solo su tre voci: famiglie, indennizzi diretti alle imprese e taglio delle tasse». 

© Copyright – I testi pubblicati dalla redazione su newsinquota.it, ove non indicato diversamente, sono di proprietà della redazione del giornale e non è consentita in alcun modo la ripubblicazione e ridistribuzione se non autorizzata dal Direttore Responsabile.

TAG
CONDIVIDI
Articoli correlati
© 2023 NIQ Multimedia s.r.l.s. – C.F. e P.IVA: 01233140258
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Belluno n. 4/2019
Web Agency: A3 Soluzioni Informatiche
Made by: Larin
News In Quota
Torna in alto