Una protesta vera e propria, nel rispetto delle regole. Con una domanda, vergata in caratteri maiuscoli su fogli bianchi, «Dove sei, Stato?». I commercianti di Belluno si sono riuniti nel tardo pomeriggio in Piazza Martiri. Non un assembramento, perché tutti erano distanziati e dotati di mascherina. Piuttosto un flashmob. Con richieste precise: chiarezza sui tempi e sulle modalità di riapertura; e dilazione (se non proprio annullamento) delle tasse, quantomeno per i primi sei mesi dell’anno.
Del resto, i negozi e i bar sono chiusi dai primi di marzo. Due mesi senza reddito, con le spese da pagare, e senza la certezza che tutto torni come prima dopo il 18 maggio (o a giugno per alcune categorie). Anche perché i dispositivi per poter riavviare un bar, un ristorante o un negozio di abbigliamento sembrano abbastanza difficili da attuare, al momento.
«La responsabilità più grande è dello Stato che ci ha abbandonato – attacca Sergio Valacchi, dell’omonimo negozio di calzature -. Non siamo tutelati; siamo da soli a dover rispondere ai nostri fornitori, agli affitti. Le spese sono le solite, ma in questo momento diventano insopportabili. Siamo i primi ad aver chiuso, a dimostrazione del fatto che la nostra sensibilità alla salute è massima. Chiediamo solo di poter riaprire, seguendo un protocollo preciso».
«Se i supermercati lavorano, e hanno continuato a farlo, perché gli altri negozi non possono?» È la domanda di un altro esercente del Liston. Accompagnata dall’amarezza della consulta Ascom: «Siamo stanchi della poca chiarezza. Abbiamo il diritto e il bisogno di lavorare. Chiediamo di annullare la fiscalità dei primi sei mesi dell’anno. E poi, quando avremo protocolli chiari e inequivocabili per riaprire, chiediamo alla piazza di darci una mano».