35mila imprese venete a secco: Confartigianato lancia l’allarme

35mila imprese venete a secco: Confartigianato lancia l’allarme

 

 

Sblocco degli ammortizzatori sociali immediato. E ripartenza del lavoro. Sono le richieste di Confartigianato Belluno, lanciate in una situazione che si sta facendo sempre più preoccupante per il mondo produttivo. A rischio posti di lavoro e imprese, braccate nella morsa del lockdown prima e della crisi di liquidità poi. I numeri di Ebav (ente bilaterale) parlano chiaro: in Veneto ci sono 35mila artigiani in attesa del Fsba, vale a dire del fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato; imprenditori che molto spesso hanno anticipato di tasca loro lo stipendio ai dipendenti.

«Si tratta di imprenditori che si trovano in condizioni difficili, senza liquidità, che cercano in tutti i modi di mandare avanti le loro imprese – sottolinea la presidente di Confartigianato Belluno, Claudia Scarzanella -. Artigiani che hanno ricevuto l’ultimo assegno a maggio, poi basta. Anche in provincia di Belluno abbiamo segnalazioni di situazioni simili. Bisogna intervenire al più presto per sbloccare gli ammortizzatori sociali, altrimenti si rischia di creare un buco profondo nel tessuto imprenditoriale del nostro territorio, anche con conseguenze pesanti a livello sociale».

«L’associazione ha seguito gratuitamente le pratiche di oltre 500 aziende che versano a Ebav proprio per sostenere le imprese – rileva il direttore di Confartigianato Belluno, Michele Basso -. Ebav ha fatto la sua parte utilizzando tutte le risorse. Ora però sono necessari nuovi fondi. Non si tratta di un capriccio, ma di una necessità: queste risorse infatti servono per pagare i lavoratori».

L’altro dato allarmante arriva dall’ultimo report della Cgia di Mestre, basato sulle previsioni dell’Istat. Entro la fine di quest’anno infatti circa 3,6 milioni di addetti rischiano di perdere il posto di lavoro proprio a causa del Covid. Sulla base di tali dati, l’Ufficio studi della Cgia segnala che una parte di questi esuberi verrà sicuramente “assorbita” dall’economia sommersa. Non saranno pochi, infatti, coloro che, dopo aver perso il posto in fabbrica o in ufficio, si rimboccheranno le maniche in qualsiasi modo, anche ricorrendo al lavoro in nero. In Veneto si stimano circa 206.400 lavoratori irregolari, vale a dire il 9,1% (per un valore aggiunto di quasi 6 miliardi di euro).

« Se non viene pagata la cassa integrazione, le persone devono comunque vivere di qualcosa. E i dipendenti degli artigiani che lavorano nei servizi – dal sistema casa alla persona – potrebbero dover ricorrere al nero per sopravvivere – continua Scarzanella -. Certo, una situazione tutt’altro che auspicabile, ma se non cambiano le cose, se l’economia non riparte, non ci sono margini».

Confartigianato Belluno lancia un grido d’allarme forte e chiaro: «Servono misure concrete a favore delle piccole medie imprese, che al momento arrancano ma sono quelle che sostengono lo Stato in un momento difficile, pagando le tasse fino all’ultimo centesimo. Non chiediamo forme di assistenzialismo, bensì interventi di defiscalizzazione e sburocratizzazione, per agevolare il lavoro. Le nostre imprese non vogliono aiuti, ma essere messe nelle condizioni di poter continuare a lavorare e dare lavoro».

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