Aziende orofrutticole escluse dall’esonero contributivo: appello di Coldiretti

Aziende orofrutticole escluse dall’esonero contributivo: appello di Coldiretti

 

«L’esonero straordinario dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro? È un intervento indispensabile a sostegno delle filiere agroalimentari, duramente colpite dalla crisi innescata dalla pandemia». Lo ribadisce Coldiretti Veneto, secondo cui, oltre alle aziende agrituristiche, apistiche, brassicole, cerealicole, florovivaistiche, vitivinicole (nonché dell’allevamento, dell’ippicoltura, della pesca e dell’acquacoltura), devono rientrare nella misura anche le realtà ortofrutticole. 

Sono 12mila i produttori dell’ortofrutta veneta che hanno registrato perdite del 30% a causa dell’emergenza coronavirus: «Solo nel primo trimestre – ricorda Coldiretti – il blocco dell’export e la chiusura delle frontiere ha piegato il comparto regionale causando un calo rilevante dei prezzi dei prodotti stagionali come radicchio e lattughe (-30%), mentre per gli asparagi la percentuale saliva dal 50 fino al 70% rispetto alle annate precedenti. A questo si è aggiunto il problema della manodopera straniera ferma ai Paesi d’origine per le ordinanze sanitarie». 

Ecco perché il Decreto Rilancio, che riconosce la decontribuzione relativa ai primi sei mesi del 2020, andrebbe esteso «a tutte le imprese agricole colpite dagli effetti della pandemia e dal maltempo – insiste Coldiretti Veneto -; il cambiamento climatico ha aggravato una situazione già difficile provocando diminuzioni di reddito e costi maggiori che gli imprenditori devono ora fronteggiare». 

Da qui, l’appello: «Non si intervenga straordinariamente e in modo riservato solo verso alcuni comparti, serve una misura strutturale per garantire redditività a tutte le aziende agricole. È essenziale ridurre il costo del lavoro per le imprese, in modo da colmare il divario con il resto dell’Union europea e recuperare lo svantaggio competitivo con Paesi come la Germania, la Francia e la Spagna, dove le imprese agricole si avvantaggiano di costi molto più bassi dei nostri per dare lavoro agli stagionali». 

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