«Il lupo è un problema anche per le frane». Sembra una provocazione quella di Massimo Bortoluzzi. In realtà il consigliere provinciale alla difesa del suolo parla di dissesti idrogeologici che nascono in montagna. E parte dall’idea dello spopolamento.
Che c’azzecca? Semplice: l’ultima predazione a Cornei ha suscitato clamore e rabbia. E ancora una volta gli allevatori si dicono esausti, pronti a gettare la spugna. «È la dimostrazione che qualcosa ci sta sfuggendo di mano. E che non c’è più tempo: servono misure precise e una presa di posizione da parte dello Stato e del ministro dell’ambiente – dice Bortoluzzi -. La ricomparsa del lupo è figlia dello spopolamento dilagante nelle “terre alte”. Il bosco ha ripreso terreno e di conseguenza è diventato territorio ideale per gli animali selvatici. Il problema è che adesso la presenza sempre più folta di branchi e di esemplari in dispersione rende impossibile la permanenza delle attività di alpeggio e zootecnia, accelerando così ulteriormente lo spopolamento. Questo si traduce inevitabilmente in un problema di difesa del suolo, perché le attività agricole in quota sono fondamentali per la tutela del territorio e anche per la realizzazione di una serie di piccole opere contro il dissesto. Le malghe e la zootecnia di montagna svolgono un ruolo insostituibile, dagli sfalci alla cura dei prati. Lavori che si rivelano indispensabili per evitare problemi a valle. Se queste aziende sono costrette a chiudere perché non riescono a rimanere in vita a causa del lupo, cosa succederà? Meglio non essere costretti a rispondere a questa domanda. Serve un piano nazionale di gestione del lupo».