«Gli ambientalisti da salotto hanno una visione distorta e pericolosa. Così la montagna muore». Senza giri di parole, Lorraine Berton. La presidente di Confindustria Belluno Dolomiti sintetizza così la posizione espressa dalla marcia “Non nel mio nome”, con cui domenica alcune sigle ambientaliste hanno denunciato i cantieri mondiali di Cortina. Gli attivisti hanno piantato un abete rosso. «Un gesto simbolico emblematico di come l’ambientalismo ideologico e da salotto guardi la montagna secondo gli stereotipi e gli interessi di chi vive in pianura e in città – dice Berton -. I montanari, quelli veri, sanno benissimo che nelle nostre zone gli alberi sono troppi e di certo non serve piantarne di altri».
Berton condanna senza se e senza ma l’impostazione preconcetta degli ambientalisti. Per nulla aderente alle esigenze vere del territorio. E rilancia l’occasione Mondiali e Olimpiadi. «Le grandi manifestazioni sportive sono una grande opportunità per il futuro del nostro territorio. Non solo per la visibilità planetaria che avremo, ma anche, e soprattutto, per le opere infrastrutturali che saranno realizzate, per affrontare la vera emergenza della nostra provincia: l’inadeguatezza delle infrastrutture fisiche e virtuali. Il che significa strade migliori, una ferrovia efficiente, nuovi collegamenti sciistici e banda larga ovunque. Solo così sarà possibile evitare l’isolamento della montagna bellunese e frenare lo spopolamento».
Proprio lo spopolamento comincia a diventare insostenibile. Soprattutto nel dato dei 2mila giovani che nel 2019 avrebbero lasciato la provincia. «È un pezzo di futuro che se ne va – continua Berton -. Dobbiamo tamponare questa emorragia, rendendo il nostro territorio più attrattivo e più competitivo. Dobbiamo creare le condizioni perché le nostre imprese restino a produrre qui, garantendo occupazione e benessere diffuso. La montagna è di chi la abita, non di chi la vive solo per una gita fuori porta».