«Perché scuole potranno riaprire tra poche settimane, con decine di persone concentrate in una stanza, mentre gli impiegati pubblici non possono tornare alla loro scrivania, in uffici dove mantenere il distanziamento è decisamente più facile? Perché possono aprire le discoteche e non l’Ecosportello?». A chiederselo – e a chiederlo anche a Palazzo Rosso – è Roberta Olivotto. Che punta il dito contro lo smart working spinto.
La consigliera comunale del gruppo “Belluno è di tutti” ha raccolto alcune testimonianze di cittadini bellunesi «che faticano a dialogare con l’amministrazione, anche a causa della mancata risposta alle loro e-mail e dei telefoni sempre occupati, con finestre orarie per le chiamate molto risicate». «Allo stesso tempo, vengo a sapere che il Comune di Belluno intende avviare un progetto finalizzato al potenziamento dello smart working, una pratica che in tempi di emergenza può essere utile e interessante, una sorta di “piano B” per garantire l’operatività dei servizi comunali – continua Olivotto -. Tuttavia, mi preoccupa molto la possibilità che il Comune intenda renderla strutturale».
Per la consigliera di minoranza, è preoccupante la riduzione oraria scattata ben prima del Covid. «Lo sportello del cittadino, tanto per fare un esempio, è passato da 30 a 12 ore settimanali – sottolinea Olivotto -. La Biblioteca Civica, in tempi normali, era aperta per appena 24 ore e mezza; non regge il paragone con Vittorio Veneto, dove la biblioteca è attiva 50 ore a settimana; e neanche con Feltre, dove l’orario continuato arriva fino alle 18 d’inverno e alle 19 d’estate. Credo che il ricorso allo smart working in tempi non emergenziali rischi di aggravare questa “chiusura” del Comune di Belluno in se stesso».