Il leone Libai e il partigiano che sognava di mordere il Duce

Il leone Libai e il partigiano che sognava di mordere il Duce

Uno fervente fascista, volontario in Etiopia, appassionatissimo del Duce, tanto da regalargli un cucciolo di leone prelevato in Africa. L’altro fervente comunista e partigiano. Due mondi distanti anni luce? Tutt’altro: vivevano sotto lo stesso tetto.

È la storia dei fratelli Igino e Giordano Tormen da Castoi. Una vicenda che si intreccia con la Storia (quella con la s maiuscola) e che rende la misura di cosa fu il periodo del Ventennio e il post 8 settembre ’43. Perché anche Belluno ha avuto un ruolo fondamentale in quegli anni. Fatto di aneddoti, di piccole tessere inserite in un mosaico più ampio. Tessere che oggi prova a ricostruire il castionese Oris Dal Pont, appassionato di storia e conservatore di cimeli.

La storia dei fratelli Tormen comincia con un lungo viaggio. Nel Corno d’Africa. Igino indossa l’uniforme del regio esercito e ha in testa la propaganda della “Nuova Italia”. Tra un’azione militare e l’altra, trova il tempo di catturare un cucciolo di leone. Un souvenir perfetto; tanto che una volta tornato in patria, Igino lo regala a Mussolini, con il nome di Libai. 

Il leoncino Libai cresce nel giardino di Villa Torlonia, a Roma. Se lo ricorda bene donna Rachele, che confessa di non aver mai amato l’animale, per il semplice fatto che sporcava. E anche perché una volta, ancora cucciolo, aveva morso la mano a Mussolini (lo dirà allo stesso Igino qualche anno dopo la fine della guerra, in quel di Predappio).

Qui comincia la storia di Giordano. Nessun viaggio in Africa per lui. Nessuna azione eroica come volontario in guerra. Tanto fascista il fratello quanto oppositore lui. Che difatti non ci pensa due volte e all’indomani della caduta del fascismo entra subito nelle file dei partigiani bellunesi. Il suo sogno? Mordere Mussolini. 

Quando si entra nei partigiani, bisogna scegliersi un nome di battaglia. Giordano non ha dubbi: si fa chiamare Libai. Come il leone che ha morso la mano al suo più acerrimo nemico. Chissà cos’avrà pensato suo fratello Igino… si dice che l’8 settembre ’43 ha spaccato in due l’Italia. Per l’appunto.

 

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