Il santo “del porcello”, sceso all’inferno e venerato per secoli in tutte le campagne

Il santo “del porcello”, sceso all’inferno e venerato per secoli in tutte le campagne

L’immagine simbolo è conosciutissima: un maialino. Strano per un santo, ma testimonia quanto Sant’Antonio Abate fosse importante nel mondo agricolo e rurale di un tempo. Non è un caso che molte parrocchie abbiano come patrono proprio il santo monaco eremita che si festeggia il 17 gennaio (Cencenighe, Forno di Zoldo, Sant’Antonio Tortal), e che anche molte chiesette di campagna siano intitolate proprio a lui. Come l’antichissimo sacello di Bardies (a Mel), che attraverso una serie di affreschi in diciotto riquadri – la “bibbia dei poveri” all’epoca in cui i fedeli erano perlopiù analfabeti – narra le vicende e i miracoli del “santo con il maiale”, nato in Egitto nel terzo secolo dopo Cristo e tra i fondatori del monachesimo cristiano.

Sono molte le storie di Sant’Antonio Abate. Dalla tentazione del demonio ai miracoli che lo resero famoso. E molte sono descritte anche negli affreschi di Bardies. E il maiale? Non è raffigurato nella chiesetta della Sinistra Piave, nonostante la leggenda sia nota in tutto il Bellunese.

Si racconta (e lo scrive anche Calvino in “Fiabe italiane”) che in un inverno particolarmente freddo il monaco Antonio sia sceso agli inferi per rubare un po’ di fuoco, con cui riscaldare le persone che gli chiedevano aiuto. Lo accompagnava un maialino. Giunto alle porte dell’inferno, bussò chiedendo di entrare a scaldarsi, ma i demoni lo respinsero. Antonio insisteva e continuava a bussare, finché i diavoli gli dissero: «Può entrare solo il maiale, tu no».

Una volta dentro, il porcellino si mise a fare il diavolo a quattro. Correva e grufolava per tutto l’inferno. E i demoni che gli correvano dietro non erano in grado di fermarlo. Lo scompiglio fu tale che i diavolacci dovettero rivolgersi ad Antonio, per chiedergli di fare qualcosa. Il santo entrò, toccò il maiale con il suo bastone e quello all’improvviso si fece calmo calmo. Già che c’era, Antonio si mise vicino al fuoco per scaldarsi. E senza farsi vedere, raccolse un tizzone all’interno del bastone, per portare il fuoco agli uomini. È per questo che oltre al maiale c’è un’altro simbolo tipico del santo: il fuoco, appunto. Da cui il fuoco di Sant’Antonio, il fastidioso herpes da cui è invocato protettore.

Ah, il maialino. Sant’Antonio non è solo ritratto con il maiale; è anche patrono dei macellai e dei salumai. Ecco perché è tradizione fare salami in questa giornata.

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