Narra la leggenda che Martino, un nobile cavaliere, passasse a cavallo attraverso i sentieri delle nostre montagne.
In una fredda mattina di novembre, cavalcando tranquillamente tra le foglie portate dal vento dell’autunno inoltrato, si imbatté in un uomo. Stava seduto sotto un albero: rannicchiato, infreddolito e vestito di vecchi stracci sgualciti.
Il cielo plumbeo, poi, non prometteva niente di buono.
Avvolto dal suo mantello color porpora, il cavaliere tirò le briglie del cavallo e scese con un balzo, colpito da ciò che vedeva.
Martino era noto per il suo animo gentile e premuroso: non sopportava che la gente soffrisse. Avvicinandosi all’uomo, lo vide in difficoltà.
Così, non trovando dove legare il cavallo, prese un chiodo con la forma di un anello (“s-ciara” in dialetto) e lo batté con forza sulla roccia: vi legò il cavallo.
Inginocchiatosi ai piedi del povero, brandì la spada e tagliò per metà il suo mantello color porpora.
Avvolse l’uomo con cura e l’altra metà se la mise sulle spalle. Un gesto nobile.
Talmente nobile che in quel momento si fece spazio fra le nuvole un caldo raggio di sole, capace di riscaldare entrambi. E di illuminare la “s-ciara” con il color dell’oro.
Ecco il nome, monte Schiara…
Ed ecco l’estate di San Martino che ogni anno ci accompagna verso il lungo inverno!
Alla prossima!