Se non è un lockdown, poco ci manca. Almeno per quanto riguarda i locali.
Da ieri, ogni giorno alle ore 18, sono costretti ad abbassare le serrande i bar e i pub, i ristoranti e le pasticcerie. Le disposizioni contenute nel nuovo Dpcm non lasciano spazio a molte interpretazioni. E rimarranno in vigore fino al 24 novembre.
Per questo, Confartigianato lancia l’allarme. E lo fa attraverso le parole di Antonio De Fina, il presidente di mestiere per gli Alimentari: «Mi sono confrontato con diversi colleghi e qualcuno ha già preso la decisione di chiudere. Non ci sono le condizioni per andare avanti: l’emergenza della prima chiusura, in qualche maniera, è stata assorbita, questa no. È la mazzata finale». De Fina cita l’esempio della sua attività: «Dalla mattina alle 17, lavoriamo per coprire i costi. È la parte finale della giornata quella che porta ad avere un minimo di guadagno».
Sulla stessa linea Cristiano Gaggion, a capo dei produttori dolciari di Confartigianato: «Non riesco a capire la logica secondo la quale la grande distribuzione è legittimata a proseguire nella sua attività, anche oltre le 18, e noi no. Se non in termini di asporto. È scorretto nei confronti delle realtà artigiane». Il Governo, però, ha garantito ristori economici: «Un supporto è necessario e ce lo auguriamo. Ma, in questo senso, non abbiamo alcuna certezza».
Salvare le festività natalizie diventa ora prioritario: «Ci avviciniamo a un periodo estremamente importante per il fatturato – prosegue Gaggion -. Già siamo stati costretti a chiudere a Pasqua, non vorremmo che la storia si ripetesse pure a Natale. Anche perché diverse aziende sono in sofferenza, tra mutui e decine di dipendenti a carico».
Le stesse preoccupazioni coinvolgono Confagricoltura: «Questa è un’ulteriore batosta che rischia di avere ripercussioni pesanti su tutta la filiera agroalimentare – afferma il presidente Diego Donazzolo -. Il settore stava riprendendo lentamente fiato e ora abbiamo paura che parecchie aziende si ritroveranno in ginocchio. Penso anche agli agriturismo, che si sono visti cancellare già dallo scorso Dpcm banchetti matrimoniali, battesimi e feste di laurea». Da qui, la richiesta: «I ristori annunciati dal governo siano estesi alle aziende agrituristiche, che ne hanno necessità per continuare l’attività. Ma tutta la filiera agroalimentare avrà bisogno di aiuto, a cominciare dal latte».
Non manca la voce dei baristi. E in particolare di Roberto Bianchini, titolare del San Martino: «Prendo atto della situazione che ci siamo trovati a vivere per la seconda volta, purtroppo. Non è mio compito giudicare le misure che il governo ci ha imposto di adottare, ma è lampante il fatto che non siano state progettate da persone che conoscono appieno la realtà. Fin da quando io e mia moglie abbiamo riaperto il bar, cerchiamo di rispettare le norme di sicurezza. La cosa che più mi risulta difficile da comprendere è la limitazione oraria. Se ci avessero detto di ridurre i posti a sedere ci sarebbero state meno polemiche: ne sono sicuro. Dalle 18 alle 21 avrei potuto continuare a lavorare, assicurando distanze di sicurezza e tutto quello che ne consegue».