Finita la pandemia (o quasi), è ora di pensare ai premi per gli operatori della sanità. A tutti. E la Cgil chiede che non venga dimenticato nessuno. «Neanche i lavoratori degli appalti». Vale a dire di quelle donne e quegli uomini che si occupano delle pulizie di ospedali, ambulatori e case di riposo. E che cucinano i pasti.
«Già durante la fase acuta della pandemia, sono stati trattati male – denunciano Mauro De Carli (segretario generale Cgil Belluno) e Fulvia Diana Bortoluzzi (Filcams) -. Per loro mancavano le mascherine, visto che era a carico delle loro aziende procurarsele e spesso sono arrivate in ritardo. A loro si diceva che “dovevano” prendere servizio senza verificare se erano garantiti i sistemi di sicurezza contro il contagio. Solo ora, a distanza di qualche mese, potranno sapere se per caso qualcuno di loro sia stato un “infetto asintomatico Covid”, perché solo adesso si stanno somministrando anche a loro i test sierologici e si potrà capire se la loro salute è integra o se devono preoccuparsi dei postumi. La Cgil in questi casi chiede che venga riconosciuto lo stato di “infortunato sul lavoro”, come già avviene per i loro colleghi, medici, infermieri e operatori socio-sanitari».
La richiesta, quindi, è che non vengano dimenticati. Che ci sia un premio anche per loro. «Mentre si fa un gran vociare su come dare premi a chi è stato in prima linea, si rischia di dimenticarsi di questi “umili soldati” della vera trincea, quella dei reparti igienizzati a suon di disinfettante, di reparti sanificati di continuo, della paura di prendere il Covid – continua De Carli -. E il loro stipendio è il più basso di tutti, perché questi lavoratori sono figli della logica degli appalti al ribasso. Se la Regione Veneto si sta dimostrando disponibile a premiare tutti i lavoratori del socio-sanitario, non si dimentichi delle donne e degli uomini delle pulizie, delle mense interne. Serve un vero riconoscimento, non una pacca sulle spalle soltanto».