Mamma e figlio colti dalle fototrappole. Il gatto selvatico abita il Parco

Mamma e figlio colti dalle fototrappole. Il gatto selvatico abita il Parco

Dopo il lupo, nelle Dolomiti torna anche il gatto. Parliamo di quello selvatico, che c’è, è stanziale, si riproduce. Segnalato per la prima volta nel 2014 all’interno del Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi. Da allora, poche e scarse notizie. Ora, grazie ad un progetto dell’università di Venezia (Dottorato di ricerca in Scienze Ambientali, 34° ciclo), arrivano le prove certe della sua presenza.

Il merito è della dottoressa Arianna Spada, che sotto la supervisione del professor Stefano Malavasi, sta indagando la presenza e la distribuzione di questa specie, assai elusiva, all’interno dell’area protetta. Le fototrappole installate da Spada hanno rilevato nelle scorse settimane la prima riproduzione certa di gatto selvatico, grazie alla foto di una femmina accompagnata dal suo piccolo. La foto è stata scattata nella parte orientale del Parco.

«Questo nuovo dato – dichiara il residente del Parco, Ennio Vigne – è il frutto della consolidata collaborazione con l’Università Ca’ Foscari Venezia e testimonia dell’impegno costante del Parco nell’ambito delle ricerche scientifiche, realizzate grazie alla professionalità del personale interno, ad una fitta  rete di collaborazioni con università e istituti di ricerca italiani ed esteri e all’indispensabile supporto indispensabile del Reparto carabinieri del Parco. Le ricerche e i monitoraggi ci consentono di raccogliere informazioni precise e aggiornate sul patrimonio naturale e sono la base per le attività di gestione e conservazione».

Proprio i carabinieri forestali, nell’ambito del progetto “Il sentiero dei lupi” stanno evidenziando una distribuzione sempre più ampia del gatto selvatico all’interno dell’area protetta, confermando l’espansione della specie rilevata anche da altri progetti di ricerca, condotti nelle Prealpi bellunesi.

«La conservazione della biodiversità dovrebbe essere il fine ultimo delle ricerche zoologiche e bio-ecologiche – commenta Stefano Malavasi, supervisore del progetto condotto da Arianna Spada – e tale obiettivo può essere raggiunto coniugando ricerca di base ed applicata, attraverso la collaborazione fra l’università e gli enti territoriali preposti alla tutela e alla gestione del patrimonio naturale. Il lavoro che stiamo svolgendo, come Dipartimento di Scienze ambientali, Informatica e Statistica di Ca’ Foscari, assieme al Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, è un ottimo esempio di come la ricerca e lo studio possano essere poste al servizio del territorio e della Natura».

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