«Un’emergenza mai vista. Flussi in calo ma non abbassare la guardia». Parla il primario di Medicina

«Un’emergenza mai vista. Flussi in calo ma non abbassare la guardia». Parla il primario di Medicina

Anche lui, come tanti suoi colleghi, da oltre un mese è in prima linea a combattere contro un nemico subdolo nella più grave emergenza sanitaria dal dopoguerra. E se a Belluno fortunatamente la situazione appare migliore che in altre zone d’Italia, non significa che la lotta sia meno dura. Massimo Boaretto dal 2012 è il direttore dell’Unità operativa di Medicina del San Martino di Belluno.

Ora è a capo del neonato reparto di Medicina Covid, creato ad hoc in fretta e furia per combattere l’emergenza. Un’area cosiddetta “a bassa intensità”, dove confluiscono i pazienti con sintomi più lievi.

«I pazienti che giungono nel nostro reparto (che può contare su 18 posti letto) provengono prevalentemente da Broncopneumologia e Malattie infettive, dove viene privilegiato un trattamento acuto intensivo farmacologico e/o ventilatorio non invasivo relativo all’infezione da Sars-Cov 2. Queste persone, stabilizzate da un punto di vista respiratorio, essendo affette da altre patologie (diabete, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni, malattie di fegato, ecc… ) giungono nel nostro reparto per continuare la terapia in atto. La restante parte dei pazienti proviene invece direttamente dal Pronto Soccorso ed è stabile, all’ingresso, da un punto di vista respiratorio, ma con un’infezione che ha fatto aggravare una o più di quelle patologie di cui sono affetti, in maniera tale da dover rendere necessario il ricovero. Naturalmente, qualora durante la degenza i pazienti dovessero diventare o ritornare instabili da un punto di vista respiratorio e necessitare di supporto ventilatorio intensivo (e questo in alcuni casi avviene repentinamente), vengono inviati o rinviati nei reparti dove questo è possibile».

C’è un giorno che difficilmente dimenticherà. Il 6 marzo 2020.

Quel giorno – spiega – mi è stato richiesto di poter dare il mio contributo spostandomi all’Ospedale di Agordo per collaborare con l’unica collega (su 6 in totale) rimasta negativa al tampone. Ho avuto la fortuna di lavorare con un personale sanitario fantastico, grazie al quale siamo riusciti a dimettere i pazienti negativi a contenere la diffusione sino a risolverla (nei pazienti e nel personale positivo), a ricevere i pazienti agordini Covid positivi da Belluno, transitando così sino al rientro progressivo dei colleghi (che nel frattempo hanno contribuito da remoto al tutto) che, tornati, si sono dati da fare da subito senza risparmiarsi.

Quest’emergenza ha messo a dura prova l’organizzazione ospedaliera. Come è stato necessario riorganizzare l’attività del reparto a Belluno per fronteggiare l’epidemia Covid-19?

Il nostro reparto creato a Belluno è in realtà un reparto nuovo e che è sorto per poter fronteggiare quest’emergenza. Oltre a me ci sono altri 3 medici: 2 provengono dalla Medicina e uno dalla Cardiologia. Anche il resto del personale arriva da reparti diversi. E chi della Medicina non è impiegato in questo nuovo reparto continua a svolgere la propria attività lavorativa curando i pazienti nella zona Covid negativa, situata in un’altra sede dell’ospedale, sotto la direzione attuale della dottoressa Lorella Cimarosto, che mi sostituisce».

Le terapie messe in atto funzionano?

L’impressione è che la terapia ventilatoria, ottenuta sia con tecniche non invasive che invasive, abbia un ruolo fondamentale per tutti i pazienti gravi che presentano sempre “scambi respiratori compromessi”. Per quanto concerne la terapia farmacologica, invece, il suo ruolo sembra essere più di supporto che risolutorio di per sé.

Avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione simile?

No, ma quando si decide di fare un mestiere sanitario questa certezza non puoi mai averla al 100% e se accade devi tirare fuori tutte le risorse e le competenze che hai dentro di te e che hai imparato durante il tuo corso di studio e la tua vita professionale. Vorrei fare un ringraziamento ai medici del territorio per il lavoro che stanno facendo sui loro assistiti, compresi quelli nelle case di riposo: a loro va il nostro ringraziamento anche e per il sacrifico umano (il maggiore della categoria) che purtroppo stanno pagando. Ringrazio tutto il personale sanitario del Pronto Soccorso e delle Terapie intensive per l’equilibrio e l’organizzazione complessa che mantengono e gestiscono tutti i giorni. Grazie a tutto il personale sanitario dei vari reparti Covid che, provenendo spesso da realtà lavorative diverse della nostra azienda, a testa bassa si è tuffato in questa realtà, non risparmiandosi mai. A tutto il personale sanitario dei reparti non Covid e degli ambulatori che proseguono nel curare le persone non affette dal virus ma che continuano ad ammalarsi come sempre. Un lavoro che va avanti, anche rinunciando numericamente a colleghi impiegati altrove e creando formule di assistenza che diano una risposta adeguata nel rispetto della sicurezza. Un ringraziamento particolare va poi al gruppo di lavoro che ho l’onore di coordinare.

Cosa porta questa epidemia da un punto di vista emotivo? 

Questa epidemia racchiude dentro di sé un mondo di persone, curate da altre persone con cui condividono spesso le stesse paure e di cui riescono a sentire la voce, vedere gli occhi e il nome sul camice. E con questi 3 punti di incontro dobbiamo riuscire ad infondere sicurezza e vicinanza in un momento in cui la distanza è uno dei cardini della cura.

Riusciremo ad uscire da questa situazione?

Sì, se tutti insieme rispetteremo le regole che quest’emergenza ci impone.

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