È sabato 20 giugno e l’orologio segna le 19.30, quando una giovane mamma del Comelico ha un distacco di placenta.
L’elicottero, però, è già impegnato in un’altra uscita. E allora non resta che una soluzione: l’ambulanza. Ma il mezzo deve partire dall’ospedale di Belluno e colmare un tratto estremamente impegnativo e rischioso. Il bimbo nascerà dopo un cesareo e, per sicurezza, verrà trasferito a Padova, mentre la madre è in ripresa.
Il problema comunque rimane e riguarda ancora una volta la marginalità dei territori di montagna. A questo proposito, a prendere posizione è il coordinamento provinciale “Il Veneto che Vogliamo”, in corsa per le prossime elezioni regionali: «Rabbia e dolore – affermano – ma anche determinazione a lottare nel Comelico a nome di tutte le persone che vivono nelle terre marginali affinché venga riconosciuto e attuato il diritto alla salute. O meglio, il diritto alla vita».
Il punto nascita di Pieve di Cadore è un nodo centrale: «Di fatto chiuso dalla Regione Veneto, è privo perfino della reperibilità ginecologica – proseguono dal coordinamento -. Perché il ginecologo c’è fino alle 15 del venerdì e rientra alle 8 del lunedì mattina».
I vertici provinciali legati a “Il Veneto che Vogliamo” non ci stanno: «La legge dei numeri che penalizza i territori marginali non può e non deve diventare legge di non vita. Basta nascondersi dietro ai numeri e alle presunte mancanze di sicurezza. È tempo che la Regione e il sistema sanitario nazionale riconoscano e permettano a tutte le persone che vivono nei territori marginali, il diritto alla salute e alla vita, senza se e senza ma».